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Riscrivere la Storia

GUENON  E IL SUO REALE VALORE A 70 ANNI DELLA MORTE     

di  Pietro Rota

In tempi recenti è apparso un articolo di Piergiorgio Odifreddi  che equiparava il fenomeno no vax alle pubblicazioni dell’ Adelphi  dove a finire sotto accusa è stato Renè Guenon  definito come un ciarlatano. Consci dell’importanza di riprendere in forma aggiornata un palinsesto culturale  che il neopositivismo ha fatto di tutto per distruggere, ci pare doveroso mettere ordine alla confusione mentale vigente con una serie di precisazioni accurate. Precisazioni dicevamo, ovvero una spiegazione chiara e rigorosa del contributo dell’ opera di  Guenon  alla cultura europea e alla relazione con le culture  novecentesche e postindustriali. Cominciamo col dire che gli studi di Renè Guenon hanno una finalità strettamente esoterica ed iniziatica, a sfondo altamente spirituale,  e sono indirizzate ad un pubblico ristretto di “addetti ai lavori” che presentino qualifiche non comuni. In parole semplici i testi di Guenon e degli studi Tradizionali si inseriscono in un percorso spirituale che presuppone come minimo l’adesione ad una tradizione exoterica di base e nulla ha  a che vedere con vane ed inutili speculazioni celebrali. Indubbiamente non è un mistero che le opere di Guenon, anche nella  incorporazione fatta dal pensiero di Julius Evola, abbiano travalicato il ristretto ambito esoterico, diventando protagonista di un intenso dibattito sulla modernità. Possiamo cosi dire che o direttamente o indirettamente con la mediazione di Evola  vi è stata un influenza sulle culture umanistiche di ieri e oggi. L’ identitarismo metapolitico più vicino a quello che Matteo Luca Andriola ha chiamato “la nuova destra europea”, ha dedicato spazio a Guenon ma il piu “compromesso” Evola e’ stato trattato in modo da offuscare la immagine.  Certamente l’inclusione di un sapere esoterico in ambienti attenti a valori conservatori e spiritualisti e il comune “nemico” della modernità e postmodernità anomica è un terreno comune di interesse ed è meritorio l’aver incluso Guenon nel Pantheon della destra migliore sebbene tutto questo non preclude una sua fruibilità  a 360° . Ma qui  preme sottolineare che la portata degli studi Tradizionali di cui Guenon è stato capostipite non è una filosofia anti-moderna di sapore banalmente orientaleggiante. Se analizziamo sia pur di sorvolo la produzione saggistica vediamo come “l’antimodernismo” di Guenon è in realtà un contributo di arricchimento Sapienziale. All’ Occidente Guenon ha fornito un ponte con un Oriente che per le leggi dei cicli cosmici conserverebbe maggiormente il deposito della Tradizione Primordiale Polare, ovvero un sapere esoterico elevatissimo, che l’Occidente ha posseduto ma dimenticato, insieme ad un insieme di saggi, dove partendo da una miriade di fonti illustra la dimensione metafisica simbolica e realmente intellettuale, dove per Guenon questo termine allude ad una conoscenza sovrarazionale. In questi studi si situano opere sulla modernità e sul neospiritualismo dove la critica di Guenon è costruttiva e rigorosa per eliminare gli ostacoli a questa restaurazione di valori spirituali. Julius Evola riprenderà questi studi con un taglio più esistenzialista e politico, votato all’azione e che guarda come modello l’antica casta guerriera.   Le opere di Renè Guenon hanno suscitato un ampio dibattito tra estimatori e detrattori.  Certamente una riflessione degna di nota è la considerazione di Guenon sulle radici cristiane e classiche  frettolosamente classificata come “rifiuto”. Indubbiamente il rigore di Guenon mette in luce i limiti di tutto ciò, ma siamo sicuro che questo  è un problema? In barba alle posizioni neoilluministiche odifreddiane potrebbe invece rivelarsi un’opportunità per approfondire un concetto di religiosità più antico e ampio, magari spostando l’orizzonte più a est. Gli studi di Mircea Eliade, Julien Ries, Giuseppe Tucci,  Georges Dumezil, d’alto canto ci restituiscono questo orizzonte di una “scienza sacra“ che il Maestro identificava proprio in una matematica priva di costrizioni tecnico-economiche. Cosi il revival buddista o celtista  a cavallo del XX e XXI secolo si possono valutare solo come versioni più plebee e commerciali di un recupero di conoscenze perdute. In un epoca dove la stessa identità dell’uomo si disgrega nella liquidità gender e della cancel culture, una conoscenza più profonda dell’ uomo del nostro passato può aiutarci ad affrontare il nostro presente.  Per questo motivo le opere di Guenon vanno lette con rigore, saggezza e soprattutto gratitudine, la vera  saggezza che con le sue opere ha indicato all’ Occidente per evitare il suo tramonto definitivo, in modo fermo e costruttivo e rigorosamente distinto da tanti toni distruttivi di molti sedicenti antimodernisti. Una miniera di idee e suggerimenti che si situa tra metafisica e misticismo, territorio proibito,  forse, a chi vuol piegare l’ umanità ad un calcolo utilitaristico.

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IL FEDERALISMO IMPERIALE  NELLA STORIA              

di  Pietro Rota

“Federalismo imperiale” è una raccolta di scritti di Julius Evola tra il 1926 e il 1953 curata da Giovanni Perez uscito come quaderno di testo evoliano n. 39 per le edizioni Controcorrente.  Questo testo presenta motivi di interesse sotto vari aspetti e in questa sede vogliamo portare l’attenzione dal punto di vista storico-identitario. Infatti se l’identitarismo sia nella sua forma etnoregionalista sia in quella neonazionalista  è un insieme di reazioni  opposte ma in parte complementari al mondialismo, quale è la corretta prospettiva per affrontare i  fenomeni del sovranismo e dell’identitarismo? Una risposta ce la offrono questa raccolta di articoli del “filosofo della Tradizione” selezionati da Giovanni Perez autore di un sostanzioso saggio introduttivo con connessa bibliografia, che ha il merito di inquadrare il percorso storico dello stato nazionale a partire dalle categorie della Tradizione, capaci di cogliere il nocciolo di una serie di questioni  fondamentali. Va precisato che i concetti che Evola utilizza derivano dagli studi Tradizionali e dal suo capostipite Renè Guenon, che il Nostro declina e spesso modella sulla base della sua “equazione personale” e quindi presentano un serio impegno di approfondimento ma in ogni caso possono fornire al lettore una prospettiva più ampia per valutare certi fenomeni. Infatti nell’apertura Giovanni Perez, sottolinea, in sintonia con la riflessione di Alain De Benoist e Alexander Dugin, il carattere federale dell’impero che seppure non può essere definito propriamente federalista, presenta un ‘articolazione dove il principio spirituale unificatore non omologa ma semplicemente armonizza le varie parti in una concezione organica. Quindi, non è errato accostare la categoria Tradizionale premoderna  agli sviluppi della sovranità moderna. Se la sovranità leviatanica di Hobbes e Bodin  costituisce  una cesura con il mondo antico e medioevale, il pensiero federalista di Althiusius è spesso identificato dagli studiosi come erede di un mondo premoderno. Sotto questo aspetto  gli scritti di Evola e la sua lettura della modernità partendo da principi Tradizionali e da una connessa dottrina dell’ Imperium, ci restituiscono una prospettiva più ampia e profonda su cui valutare la parabola dello stato moderno. Evola fu proprio  uno dei primi a comprendere i limiti dello stato moderno, anticipando uno sviluppo del revisionismo risorgimentale a cavallo del XX e XXI secolo e  tentò  di orientare il fascismo ad una rivoluzione conservatrice che si rifacesse ad un ‘eredità romana e ghibellina cogliendo  l’importanza dei grandi spazi nonché  anticipando temi geopolitici. Inoltre la disposizione esistenziale del soggetto di questa visione, l’uomo differenziato, lo “Ksatrya” fu sempre al centro della visione evoliana che ritroviamo in questi scritti e nelle sue opere. Pur evidentemente datati questi scritti possiedono ancora  una dimensione pedagogica per gli identitari odierni.

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ALPI INFESTATE DI FINE OTTOCENTO: LE INDEMONIATE STORICHE DI MORZINE E DI VERZEGNIS

MORZINE in Savoia ….a due passi dal confine con Suisse ed Italia; VERZEGNIS in Carnia….a due passi dal confine austriaco.

Le due estremità, ovest ed est delle ALPI, vissero episodi strabilianti nella seconda meta dell’ Ottocento, in un’epoca in cui da una parte incalzava il positivismo ateo e dall’ altra la dimensione spirituale si arroccava nella schiera delle apparizioni mariane …nel tentativo di salvare il salvabile.

Protagoniste assolute alcune ragazze ventenni, affannantesi in atti sacrileghi di varia natura, eredi inconsapevoli di quelle streghe secentesche che proprio sui monti alpini avevano trovato il loro sacrario di Satana….o almeno così avevano sentenziato i processi di inquisizione Santa e lex profana.

Furono attestate espressioni in lingue arcaiche, bestemmie ossessive, bave improvvise, ululati usciti inopinatamente da labbra soavi.

Come si risolse il tutto? In maniera confusa e poco certificata …il trasferimento delle giovani in contesti ospedalieri ottenne, sia in Savoia che in Friuli, un successo solo temporaneo. Alle soglie dell ‘era della velocità e della luce elettrica continuarono ad alternarsi fieri atti esorcistici a cure da biolaboratorio…..

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QUEL PROCESSO VENETO AL MORO DI DUE SECOLI FA

di Libero Scarpa

Fece molto scalpore in tutta Europa la condanna da parte del tribunale veneziano, nel 1811, di un haitiano francofono venuto in laguna a sedurre e uccidere una cameriera veneta.

Venne imbastito un movimentato processo al cosiddetto Moro che vide un vero e proprio braccio di ferro tra giustizialisti e garantisti, di impianto moderno nonostante l’ esito che è sostanzialmente ispirato ancora ad una dottrina giuridica antiegualitaria.

Il nero Jean Pierre Cotin si era innamorato della bella vergine ’bianca' Marianna Panfilio, seguendo il colto modello di Otello e Desdemona , ma si era ben presto reso conto di non poterla sposare. La stessa Lex Napoleonica vietava infatti nozze con personaggi di colore. Caduto in un vortice di delirio a base depressiva, aveva deciso di assassinare la morosa per impedire che potesse andare in sposa ad un Serenissimo…

Il tutto viene raccontato con puntiglio e spirito spregiudicato da Scarabello e Gusso in un bel volume , dal titolo “Processo al Moro”, edito una ventina di anni fa da Jouvence a Roma. Estremamente istruttivo sulla serpeggiante criminalità presente allora nella Padania orientale ma anche sul razzismo duro a morire…

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DOPO CENTO ANNI BRILLA E SORPRENDE ANCORA

QUELLA ROSA DELL' UTOPIA TRA SPARTACO E MASOCH

Cento anni fa la barbara uccisione della Luxembourg, la coraggiosa e geniale pasionaria della rivoluzione in terra germanica. Il suo spartachismo, estremo e magistrale tentativo di far franare il mellifluo sogno social democratico venne represso senza pietà (inverno 1919).

Per l ‘occasione Feltrinelli ripubblica le preziose “Lettere di lotta e disperato amore”, la corrispondenza con Leo Jogiches. Si tratta di una corrispondenza unica nel suo genere, in cui amore e filoproletarismo si mischiano ardentemente in nome di quella che paradossalmente solo una donna di allora può considerare, coi suoi occhi incantati, la vera autentica libertà. Al confronto le idee di Lenin appaiono pragmatiche banalità, anche se lo stesso Vladimir ammetteva che a dispetto dei suoi errori ROSA era un ‘ aquila.

“Stasera ho pensato ai tuoi problemi….non so cosa offrirei, metà della vita per mettervi ordine.” Può sembrare una contraddizione ma piu’ passa il tempo e piu’ si scopre che il comunismo, al di là della vena utopica e della natura violenta, ha rappresentato in fondo una risposta grottesca a un bisogno d amore. C’è chi come la Bomba venuta dall’ est, come era chiamata ROSA a Berlino, si e’ sacrificata del tutto con piglio masochistico, altri purtroppo, in tanti, hanno solo approfittato per un secolo della storica “ onda rossa”.

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PALMI INOSSIDABILE

(Andrea ROGNONI)

Il più bel libro su Palmiro Togliatti, abile conducator comunista, rimane quello scritto da Giorgio BOCCA negli anni Settanta per l'Universale Laterza.

Il giornalista cuneese ci fa intendere a meraviglia, con la sua scrittura fendente e sottilmente maliziosa, come il torinese sia stato bravo nell’ impossessarsi gradualmente del partito nel corso degli anni Venti, cercando magistralmente di non schiacciare troppo i piedi né a Bordiga né a  Gramsci, in realtà facendosi beffe di entrambi  troppo idealisti e ideologizzati.

Banco di prova decisivo fu il viaggio in Russia, durante il quale PALMI capi che il successo può arrivare solo attraverso le mediazioni diplomatiche e i cosiddetti "atti di omissione".

Nessun leader padano di partito novecentesco fu più furbo e al tempo stesso moralmente inattaccabile di Togliatti, perfino quando seppe passare sui cadaveri dei nemici interni ed esterni.

Milizia insomma significa malizia, ma anche autodisciplina, gusto asettico e pacata severità.  Un esempio forse per chi oggi, sotto qualsiasi colore, si voglia avventurare nel circo della nuova democrazia.

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Disegno originale di Togliatti eseguito

da  Bucarin nel 1928

(Andrea ROGNONI) Inseriamo nella rubrica dedicata alla storia questo reportage della Colombo, dedicato alla mostra pavese ma intelligentemente orientato ad una vera e propria riscrittura dell ‘ epopea relativa alla struttura e alle imprese di un popolo da rivedere sotto nuova luce

 

LONGOBARDI? PADANIA ma anche ITALIA                             

di ILARIA COLOMBO

 

Fino al 3 dicembre 2017 al castello visconteo di Pavia è possibile visitare la mostra  “Longobardi, un popolo che cambia la storia”, con facolta' di entrare nella sezione del museo archeologico. La mostra si trasferisce poi a Napoli e a primavera 2018 nella mitica S. Pietroburgo. Risulta sicuramente interessante e ben illustrativa sul popolo dalle lunghe barbe arrivato dal Nord e che occupò sia l’Italia settentrionale (Lombardia a cui diedero il nome, Piemonte e Friuli) sia quella centro-meridionale (ducati di Spoleto e Benevento). Notevoli le testimonianze artistiche che smentiscono la diceria di un popolo barbarico, invasore e nemico del Papato. Tra le opere di rilievo: il più antico dei codici contenenti l’editto di Rotari, le monete e le Croci coniate dai singoli ducati, gli scheletri di cavallo e di due cani dalla necropoli di Pogliano Veronese, i coni in vetro da Cividale, la spada Longobarda simbolo della mostra e le bellissime lastre con i fregi. Le opere esposte sono più di trecento e cinquantotto corredi funerari. I Longobardi (come dice Paolo Diacono) seppero inserirsi benissimo nel solco della tradizione latino-italica, ma soprattutto cristiana. Dopo la prima conversione all’ arianesimo, grazie a Teodolinda (Monza- Modoetia docet) la conversione al cattolicesimo diede un forte impulso alla cristianità ( come in Emilia l’abbazia benedettina di Nonantola). È consigliabile vedere il video su Pavia capitale per capire cosa fecero d’ importante i Longobardi dopo gli Ostrogoti fino a Carlo Magno. La presenza di numerose chiese e conventi che costellarono la città lo testimonia. E non solo la devozione verso S Michele loro patrono ma anche le splendide opere a Monza, Cividale, Aquileia, Brescia (con il ricordo di Adelchi ed Ermengarda), Trezzo, Lomello, S Pietro al monte di Civate, Verona (ultimo re Desiderio), Lucca, S Vincenzo al Volturno e Santa Sofia a Benevento. Inoltre è da segnalare a Pavia la presenza di un folto stuolo di uomini di cultura che avrebbero poi dato origine allo Studium di legge (odierna Università). Chi si recasse a vedere la mostra non dimentichi di fermarsi  nella contigua S Pietro in  Ciel d’ Oro ( Cieldauro, canto decimo del Paradiso in Dante, ricordata anche nella lettera a Boccaccio nelle Seniles di Petrarca e nella novella ‘Torello e il Saladino’ del Decameron) che racchiude l’arca con le spoglie del grande Sant’ Agostino, del non meno importante Severino Boezio( De consolatione Philosophiae, martirizzato però da Tedorico a Calvenzano di Melegnano) e del re Liutprando(governò trent’ anni il regno) ; vi fu sepolto perfino il condottiero rinascimentale Facino Cane. A proposito , lo sapevate che forse la parola ‘pizza’ deriva proprio dall’idioma longobardo?

70 anni di Ma(r)meleide non sono bastati?            

Di Fosco Speggiorin

 

Settant’anni fa il 12 ottobre 1946 venne adottato come inno nazionale quello scritto da Mameli.

Così noi da bambini fummo costretti a cantare Schiavi di Roma Iddio la creo’, edificante Refrein  che era debitamente irrobustito,  a livello scolastico, da belle ed inebetenti favole come i casi di Muzio Scevola e Attilio Regolo. E poi criticavano Umberto Eco perche’ parlava di eterno fascismo della Repubblica Italiana. Come si fa ad accettare di vivere in un Paese in cui le varie citta’  e regioni son schiave di un’ unica grande conurbazione ,  mefitica e notoriamente corrotta, senza poter piu’ esprimere la loro vera identita’?

Ah, Risorgimento Canaglia!  Sanci’ irreversibilmente la fine della Italia vera, quella della Pluralità identitaria che aveva favorito Comunalita’ e Rinascimento. SMETTIAMOLA ALLORA DI CRITICARE QUALCHE SPORTIVO CHE SI DIMENTICA DI CANTARE L INNO DI MAMELI. Il suo inconscio parla in nome di tutti gli uomini Liberi!

Insomma dopo 14 lustri di quella Marmellata Centralista non ne possiamo proprio piu’!

VERGERIO  CHI ERA COSTUI?               

di Andrea Rognoni

 

 

Un uomo interessantissimo,  destinato ancor oggi a far parlare di se’ per le sue posizioni scomode in fatto di religione...non senza tocchi di estrema attualita’  anche in ambito laico e nel contesto europeo...

DOBBIAMO RISALIRE INDIETRO DI CINQUECENTO ANNI … ai tempi della Riforma luterana ma anche di colossi del pensiero etico e religioso come Erasmo e Moro.

La condizione del popolo , in aree di confine come il Friuli e l’Istria risultava tale da accettare la diffusione di idee eterodosse, specie sulla giustificazione per fede, i sacramenti e il culto dei santi…

Pierpaolo Vergerio,  prima nunzio a Vienna e poi vescovo di una citta’ tutta particolare come Capodistria, pressata dal mondo slavo e da quello teutonico, vive in prima persona le contraddizioni dell’epoca. PARTE COME CENSORE DELL INSOFFERENZA PROTESTANTE E FINISCE PER VENIR RISUCCHIATO DALLA  PROTESTA STESSA, convinto che la Chiesa Romana stia perdendo la bussola…

Come si evince nel capolavoro di Fulvio Tomizza IL MALE VIENE DALLA NORD (ed.Mondadori) la vita del riformatore istriano, non esente da sbagli e miopia,  e’ stata comunque dedicata interamente alla possibile salvezza di una Chiesa malata di potere fine a se stesso. Processato e messo al bando il Vergerio riusci’ ad ergersi modello di spiritualita’ a Vienna, nei Grigioni svizzeri , in Polonia ed infine a Tubinga,  in Germania,  ove riposa per sempre. I suoi scritti, dedicati a controversie teologiche ma anche sfide satiriche rispetto al bel mondo tardorinascimentale di sfondo romano , rimangono dei capisaldi, anche stilistici, per tutti quelli che vogliono veramente capire cosa ha realmente rappresentato il Cinquecento padano-alpino per un’Europa pronta ad entrare nei meandri contorti ma ineludibile della modernita’.

Pier Paolo Vergerio 1498 - 1565

Con questo importante contributo dello studioso Stefano Spagocci, redattore tra l'altro della rivista Terra Insubre, iniziamo una rassegna delle novità che caratterizzano la revisione o la riscoperta di importanti pagine di storia padana, italiana , europea e mondiale.

CELTI CISALPINI: UN'EREDITA' ANCOR VIVA

Stefano Spagocci

 

La storia dei Celti Cisalpini è poco nota al grande pubblico, sebbene una larga area dell'odierna Italia settentrionale abbia nelle popolazioni celtiche una parte fondamentale delle proprie radici. Anche le popolazioni non celtiche furono (e largamente) influenzate dalla presenza celtica. Prima di Roma la Padania fu popolata da popolazioni celtiche o celtizzate.

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