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Obituario

NINO CASTELNUOVO E CENSIN PICH

Nel 2021 sono passati a miglior vita il lombardo Castelnuovo, attore di ottimo livello, e il piemontese Censin Pich, magnifico cultore della lingua che si parla tra  Cuneo e Vercelli.

Nino rimane nell’ immaginario collettivo come il più credibile Promesso Sposo mai esistito nella fiction.

Solo lui incarnava perfettamente il bravo ragazzo di famiglia lombarda. Un capolavoro della natura e dell‘arte. Ma ha poi recitato bene in altri ruoli tv, cinematografici e teatrali.  Purtroppo la pubblicità tv lo ha macchiettizzato come agile… Saltatore di steccati.

Censin conosceva tanti dialetti piemontesi  grazie a genitori di origine complementare,  uno canavese e l'altro astigiano. Poeta e critico, ha rilanciato la lingua ovestpadana in tutte le sue declinazioni, diventando molto noto dopo l' assunzione della direzione della bella rivista La Slòira, legata come matrice alla gustosa epopea del “ Musicalbrandè”. Fino alla morte ha combattuto per l ‘autonomia culturale della sua regione.

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Nino Castelnuovo

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Pich Censin

Paolo Limiti 1940 - 2017

Grandi bicchieri neri e grigi

1951 - olio su tela 170 x 190

Il cannocchiale di Galileo - 1967 smalto a colori su tela 140 x 200 

Il paesaggio di Federico II - 1967 olio su carta intelata 50 x 70

Gilberto Oneto - 1946- 2015

Paolo Villaggio 1932 - 2017

Elsa Martinelli 1935 - 2017

MILANO PIANGE TRE SUOI MAGICI VOLTI PARTITI PER L’ ALTROVE

Tra Venti e Ventuno, tra autunno ed inverno, son venuti meno Dario Crapanzano (narrativa gialla), Franco Loi (poesia dialettale) e Roberto Brivio (cabaret, canzone e teatro).

Milano al centro della loro vita, della loro creatività, della loro parola.

Il primo ci ha raccontato magnificamente le atmosfere degli anni Cinquanta, proponendoci commissari ed assassini che mangiavano ancora bocconi di cucina meneghina o gustosi “sànguis” in tutta fretta, prima di visitare gli stand della Fiera Campionaria o qualche casa di tolleranza. Scrittura sobria e nitida, gusto della inchiesta vecchia maniera, mai troppo sangue o spari.

Per Loi, venuto a Milano da bambino, un destino di cantore delle periferie e delle loro miserie in una nuova lingua ambrosiana, farcita di tratti cosiddetti Ariosi, frutto della vasta immigrazione interna. Un mago della ritmicità creata dalle tonalità di termini desueti o inediti dell’ idioma meneghino, reimpostati secondo guizzi di grande vena sentimentale e pathos politico.

Su Brivio va ribadito il ruolo decisivo giocato dalla partecipazione al funambolico quartetto dei Gufi, vessillo indimenticabile dell’ultima ondata felice della canzone dialettale lombarda prima di Van de Sfroos e dintorni. Poi Roberto ha proseguito con tanto teatro locale e come testamento una magnifica interpretazione dei Promessi Sposi in lingua ambrosiana.

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Roberto Brivio

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Dario Crapanzano

Franco Loi

ANCORA TANTE VITTIME ILLUSTRI NELLA LUNGA STAGIONE 2020 DEL COVID

GIORELLO, GERVASO, VALERI, TEDESCHI , DAVERIO, LEVI, ZAVOLI, FINZI, CRESPI, RICCI, ROSSANDA, MATHIEAU E NOBILE

I giornalisti GERVASO, LEVI, ZAVOLI, ROSSANDA

Roberto Gervaso , di origine friulana, era il fiore all’occhiello di un certo modo di riscrivere la Storia e di ironizzare sulla vita politica. Arrigo Levi, modenese, ha capitanato quel tipo di inchiesta sul mondo orientale che ha contribuito all’ indebolimento stesso del mito comunista pur nel rispetto di scelte e tradizioni. Sergio Zavoli, riminese, ha fatto diventare la tv italiana una specie di placenta materna della nuova verità …con una voce accattivante e cristallina. La Rossana Rossanda, istriana, ha fondato con coraggio Il Manifesto…vera e propria “pasionaria col neo” ... Continua

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Franca Valeri

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Sergio Zavoli

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Philippe Daverio

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Giulio Giorello

NELLA TRAGICA PRIMAVERA DEL COVID PIEMONTE LIGURIA E OLTREPÒ PIANGONO PER ACTIS, BOSSO, CELANT CHIESA , ALESINA E ARBASINO

Le terre PADANE di sudovest, immediatamente a nord di liguri mare ed Appennino, hanno perso nella asfissiante primavera 2020 diversi loro figli, illustri per umana cognitiva creatività.

Il Piemonte piange Ezio Bosso, musicista e direttore dalla vasta sensibilità che il destino ha piegato nel corpo fino alla morte prematura, e il cuneese Franco Actis, studioso indefesso di radici, storia ed arte del territorio (partendo dal lavoro di giardinista comunale), già collaboratore delle maggiori associazioni padaniste.

La Liguria ha perso Giulietto Chiesa, giornalista coraggioso ed indomabile che ha sbugiardato le trame del mondialismo arroccandosi nel comunismo più integerrimo, e Germano Celant, acutissimo critico d’arte, inventore e divulgatore della cosiddetta Arte Povera in Italia ed Europa, osservatore del postmoderno.

In OLTREPÒ Pavese son venuti meno figli geniali come Alberto Arbasino, scrittore di raffinatissima qualità, avanguardista del “gruppo sessantatre” e singolare lombardista nei romanzi successivi, nonché come Alberto Alesina, tra i massimi economisti della nostra epoca, europeista convinto in chiave liberaldemocratica.

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Franco Actis

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Alberto  Arbbasino

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Ezio Bosso

BESSA, PILCHER, HELLER, CIMA, OCCHINI, MERZ, MORANDINI, TOFFA E LE DUE VALENTINE , VOLTI AFFASCINANTI DEL FEMMININO SUBLIME

Sarà perché ci troviamo nell’ anno della Luna, cioè di commemorazione un po ‘ funerea di quel che fu 50 anni fa, fatto sta che la falce simbolicamente ad essa opposta, quella della morte, ha falcidiato proprio l universo femminile, selenico per vocazione.

7 toscopadane di successo , le maggiori scrittrici portoghese e britannica nonche' la piu nota filosofa ungherese, son passate a miglior vita. In chiave trasversale per le arti. Narrativa, poesia, teatro, cinema, TV, pensiero ed arte “povera”.

L’Agostina Bessa ha scritto della vita grama del contado di Porto, indimenticabili certe figure femminili a tutto tondo, anche se la trama del suo capolavoro, La Sibilla, procede un po' a stantuffo, come certi racconti di Hemingway.

Rosamunde Pilcher ha affascinato milioni di lettori in tutto il mondo con storie di amore e successo ambientate tra Scozia e Cornovaglia. Non è stata sempre capita dai critici, che la etichettavano come autrice ROSA, mentre lei sapeva scrivere pagine di grande tenuta stilistica.

Agnes HELLER e stata colei che meglio ha compreso le ragioni profonde del fallimento del comunismo, rispetto al quale proponeva una alternativa tutta giocata sul rilancio della sfera affettiva. Partendo dal suo maestro, Lukacs, arrivo’ a posizioni decisamente postmoderne, degne delle migliori donne politiche.

Arriviamo ai lutti a sud delle Alpi. Onore alla vita della MERZ, perché ha regalato al mondo la grande novità della cosiddetta Arte Povera, capace di trasformare in oro gli oggetti destinati al ribattere di periferia. Scrittrice di talento, Giuliana Morandini, udinese, ha raccontato con originalità rivalsa e follia del feminino tardonovecentesco……mentre Annalisa Cima , lecchese, ha incarnato l ultima Musa del Nobel Montale. Difficile valutare la sua poesia in chiave di autonomia reale rispetto al Pigmalione, ma a versi di felice sensibilità alternava passi troppo cerebrali.

Nel cinema la bellezza voluttuosa ma chic della fiorentina Ilaria OCCHINI ha sbalordito critici e pubblico.

Valentina CORTESE e Valentina Fortunato hanno contrassegnato una stagione eccezionale del teatro padano e italiano, fornendo sguardi stralunati la prima e ironiche performance la seconda, all’ immagine di una nuova borghesia, aperta alle ibridazioni di un femminile sempre meno recluso e monocorde.

Infine Nadia, fiore reciso dal cancro. Simbolo della novelle Vogue giornalistica, figura androgina in grado di denunciare senza infingimenti tutte le ipocrisie del postmoderno attraverso il piccolo schermo.

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FELIX, LUX OROBIAE, STUPOR MUNDI, VETTA ASSOLUTA DI LOMBARDIA

E stato il lombardo più grande assieme a Binda.

Ha vinto tutto.

Il suo modello parla di serietà, autocontrollo, potenza.

Felice Gimondi, da Sedrina, Val Brembana, ha battuto proprio tutti. Una volta perfino Merckx, il suo grande rivale.

Dopo di lui l'universo del ciclo padano ha cominciato a offuscarsi, a indebolirsi.

Come Fausto Coppi e’passato a miglior vita in un batter d occhio e lontano dalla sua cara Matria.

Tecnicamente sapeva divorare qualsiasi terreno. Crono, Alpe, volata, senza pietà per gli altri.

Era silenzioso, perché sapeva che le parole sono nulla rispetto ai fatti. La dolcezza la riservava al suo grande amore, Tiziana l imperiese, presentatagli da Adorni colla complicità del miglior Cupido.

Andate al santuario della Cornabusa, in Valle Imagna, troverete la sua maglia gialla del Tour che vinse. Sul Ghisallo invece la sua bicicletta, al museo. Il suo sorriso era una opera d arte. Di fattura davvero padana.

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Felice Gimondi   1942 - 2019

IL PRIMO CARNASCIALE SENZA ALBERTONI E ZANETTI IN LOMBARDIA, BARREL E PORTINARI IN PIEMONTE

Di Andrea Rognoni

Il secondo semestre 2018 ha visto passar a miglior vita i lombardi Ettore Albertoni e Umberto Zanetti. Il primo ha elaborato notevoli studi di storia delle idee politiche e di attuabilità del federalismo, arrivando a progettare un nuovo statuto per Regione Lombardia. Il poeta bergamasco ha invece deliziato tanti coi suoi arguti e soavi versi dialettali.. . e col suo farfallino da geniale conferenziere, talora provocatore piccato. Tutti e due son stati ideatori e degni collaboratori del Centro delle Culture Lombarde da me diretto.

In Piemonte il mese di gennaio 2019 ha visto la morte di Folco Portinari, studioso mirato di letteratura padana ed esperto di storia della gastronomia, a partire dalla rivalutazione della cosiddetta Gola. Notevoli le sue interpretazioni dei testi manzoniani. Il poeta Albino Barrel, ingegnere a Ivrea di ispirazione olivettiana, ha costruito assieme ad Arneodo il mito di Coumboscuro , paese provenzale del cuneese, e il suo famoso Roumiage settembrino che accoglie il meglio dell’ intera occitanita' musicalcoreutica.

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Ettore Albertoni

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Folco Portinari

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Umberto Zanetti

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Albino Barrel

ADDIO A SCIMONE E DE MICHELIS

Estate amara per le terre venete.

Sono morti il Maestro Scimone e l’intellettuale Cesare De Michelis.

Il primo ha rilanciato alla grande, coi Solisti Veneti, da lui creati, la tradizione classica e lirica di settecento e ottocento, con in cima il padanissimo per eccellenza Antonio Vivaldi. Direttore di orchestra ma anche compositore e filologo, Claudio ha deliziato il nostro udito per mezzo secolo, regalandoci una nuova sciabordante sfida per il Terzo Millennio Acustico.

Il De Michelis, veneziano spentosi a Cortina verso ferragosto, ha ristrutturato alla grande la casa editrice Marsilio, portandola a vette insuperate di vendita e successo grazie ad una eccezionale cultura personale.

Ho potuto conoscerlo nel 2002 e mi è sembrato davvero un pozzo di conoscenza artistica e letteraria.

Tra le sue ultime cose belle la collaborazione ad          , con una rubrica…al fulmicotone.

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Claudio Scimone 1934 - 2018

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Cesare De Michelis 1943 - 2018

PETACCO, APPIANO ED OLMI , IL NUOVO , IL SACRO E L ANTICO UNITI NELLA MORTE

La primavera del 2018 ci ha orbato di tre singolari personaggi, totalmente diversi l uno rispetto all’ altro.

Parliamo dello storico spezzino Arrigo PETACCO, del grande regista OLMI e della bella scrittrice Alessandra APPIANO.

Petacco ha svolto un lodevole lavoro di divulgazione, collaborando massicciamente con la Rai. Ha chiarito molti aspetti della storia contemporanea, ma poi si e’ volto più indietro, regalandoci ad esempio un ottimo libro su Lepanto.  Soprattutto e stato tra i pochi a capire e sottolineare il fatto che Cavour non voleva fare l Italia ma più semplicemente una sorta di Padania allargata.

OLMI, bergamasco e alla fine asiaghese, e’ stato il più grande regista cristiano degli ultimi cinquanta anni. Con L albero degli zoccoli ha scritto diretto una sorta di manifesto padanista. Il suo bagno di umiltà nel raccontar gli umili ( vedasi anche l ‘ultimo Torneranno i prati)  rimarra’ per sempre lezione di arte e di vita grazie ad una straordinaria tecnica di ripresa cinematografica.

La APPIANO, astigiana e poi milanese, autrice di gustosissime parabole sui problemi della donna postmoderna, si e’ tolta la vita sulla scia di grandi suoi conterranei piemontesi come Pavese, Levi e Tenco.

Un grido di dolore contro le trame di assurdità delle spietate leggi del successo letterario e televisivo.

GILLO TU SARAI SEMPRE IL VENTO FRESCO DELL ETERNITA       

di A. Rognoni

Ei fu…siccome immobile...e’ morto il Napoleone dell arte contemporanea, 107 ANNI DI GENIO.

Senza Dorfles Padania e Italia non avrebbero mai avuto quel Vento rivoluzionario di Arte del Futuro che GILLO, nella sua acuta veggenza, ha contribuito ad eternizzare.

Ha capito più di tutti gli altri le Avanguardie, le ha rese da marziane a domestiche, le ha somministrate a una massa di incompetenti che grazie a lui hanno finalmente capito l arte moderna.

Figlio della città più ventosa dell universo , Trieste, e riuscito a volare quale Superman sulle gallerie più importanti del mondo, portando la sua capacità di intendere perfino ciò che in arte si proclamava come incomprensibile.

Ci ha fatto amare ed odiare al tempo stesso quel segmento di teratomorfico  drago da lui definito kitsch

GRAZIE GILLO LA TERRA TI Sarà LIEVISSIMA, la PADANIA riconoscente mai potrà obliarti.

BERTOLDI, COLLA,PEDRETTI E PERNIOLA, VITE VOTATE ALLA RIFLESSIONE SULL’ ARTE E SULLA NOSTRA STORIA

Silvio BERTOLDI, veneto, Mario PERNIOLA, piemontese, e Carlo PEDRETTI ,emiliano, sono passati a miglior vita nel gennaio 2018, lasciando una straordinaria eredità concettuale e critica sulla storia classica e contemporanea, nonché ‘ sul  significato, la genesi, la funzione ed il valore della più alta arte visiva.

Silvio, quasi centenne, era il più noto, anche e soprattutto come fulgido giornalista dell ‘ Arena e di Epoca. Ci ha spiegato, nei suoi magnifici libri, grandi bestseller, tutti i segreti del fascismo, ILLUSTRANDOCI TRA  L'ALTRO LA VERA VITA PADANA AI TEMPI DI SALÒ E DELLE CASACCHE NERE

Perniola, coi suoi libri davvero rivoluzionari, e’ diventato negli ultimi trenta anni un must per chi voglia capire veramente quale tipo di sguardo possa esser gettato oggi sulla produzione artistica. Sottolineava spesso la vocazione all ‘artificio del processo creativo partendo dalla lezione del suo maestro Pareyson (di cui ricorrono in questi giorni i cento anni dalla morte come ideatore del concetto di creatività permanente), ma non era affatto digiuno di psicoanalisi.

Il terzo si e dedicato a tutti i misteri delle opere di Leonardo da Vinci. Era entrato cosi tanto nei meandri della mente leonardesca da decidere di risiedere a Lamporecchio, a pochi passi   casa natale del Genio. Noto il suo scetticismo verso la cosiddetta interpretazione esoterica della produzione vinciana.  

Ma all’ inizio di questo lungo inferno 2017-2018 era venuto a mancare anche un teoreta notevole del teatro padano, Eugenio Monti COLLA, vero deus ex machina della gloriosa azienda marionettistica milanese.

A FIRMA GM,  I DUE CUCINIERI PADANI DEL SECONDO NOVECENTO

Gastone Moschin e Gualtiero Marchesi. Ci hanno lasciato due colossi padani che nelle rispettive aree di scena e azione han fatto da veri e propri CUCINIERI.

Gastone ha cucinato personaggi straordinari di film tutti da gustare, in chiave comica e in chiave drammatica. Quando recitava sembrava mangiasse, divorando donne e colpi di teatro, col suo estro tutto veronese. Culmine di tutto AMICI MIEI, palestra di allegria impenitente, ma in gioventù ci aveva regalato il miglior Jean Valjean della storia cinematografica , dandone indimenticabile versione picara e ribelle .

Il milanese Gualtiero e stato il più grande Maestro di cucina reale, aprendo una nuova decisiva stagione dell arte della ristorazione fatta di qualità  e rilancio della nostra tradizione. Amava definirsi CUOCO e non chef, per dimostrare a tutti che senza umiltà e amore per il proprio territorio non si arriva da nessuna parte. I suoi allievi Cracco e Oldani ne hanno fatto tesoro. Sublimazione perfetta della gastronomia LOMBARDA e’ rappresentata dal piatto celebre nel mondo del suo famoso RISOTTO DALLA FOGLIA D ‘ ORO…

Ermanno Olmi 1931 - 2018

Arrigo Petacco 1929 - 2018

Alessandra Appiano 1958 - 2018

Gillo Dorfles 1910- 2018

Mario Perniola 1941- 2018

Silvio Bertoldi 1920- 2018

Gualtiero Marchesi 1930- 2017

Gastone Moschin 1929- 2017

SVAMPA IL GUFO IMMORTALE DELLA MENEGHINITA

Ha fondato il gruppo più originale della musica leggera e del cabaret, ha cantato la Milano del dopo boom, ha tifato prima per la rivoluzione e poi per la Lombardia libera, morendo alle soglie di un referendum epocale.

Nanni, colla sua faccia tonda e al tempo stesso enigmatica, e ‘ riuscito nella sua vita a fare un piccolo miracolo, ridare fiato alla cultura musicale padana, dopo anni opachi e confusi.

Ironia, gusto pop, la verve comica tipica del Verbano raggiunto da sfollato  ambrosiano, al punto da esser accomunato a Pozzetto, Fo, Jachetti e gli altri comici del lago.

Perfino al cinema ha colpito, incarnando l homo eroticus  del Nord contrapposto al siculo Buzzanca.

Nanni Svampa  1938 - 2017

BETTIZA E MACK SMITH DUE MODI DIVERSI DI INTENDERE LA STORIA CONTEMPORANEA

Enzo Bettiza  ci ha lasciati novantenne. Spalatino , e’ stato tra i più grandi giornalisti, storici e narratori del Novecento. Di formazione liberaldemocratica, ha confessato da anziano la sua grande passione per il leghismo, ritenuto una sorta di baluardo ad ispirazione mitteleuropea. Ha scritto meglio di tutti parole veritiere su comunismo russo e titino. Ha superato se stesso negli anni Novanta, ormai famoso come giornalista, regalandoci il grandissimo romanzo ESILIO, sorta di straordinaria autobiografia.

L’ anglo Denis Mack Smith era quasi centenario. Ha formato coi suoi bei libri sul Risorgimento moltissimi italiani. La sua ricerca era accurata, abbastanza fedele alle fonti come impostazione evenemenziale, tuttavia quando si cimento’ colle biografie di Cavour e Garibaldi, si lasciò prender la mano e non capi’ bene che il primo voleva una Italia federale mentre il secondo un Moloch di ispirazione giacobina, finendo così  per  avallare la tesi che la Massoneria inglese avesse fatto i conti giusti aiutando l Eroe dei Due Mondi.

Enzo Bettiza  1927 - 2017
Denis Mack Smith  1920 - 2017

PAOLO VILLAGGIO ED ELSA MARTINELLI , IL PANTALONE PADANO E LA MAGGIOR DIVA SEXY

 

Il cinema ha tutti i motivi per piangere a dirotto.

Due pezzi da novanta se ne sono andati per sempre.

Parlare di Paolo significa entrare nei gangli di quello che e stato chiamato FANTOZZISMO, vale a dire il fenomeno più rilevante di denuncia dello sfruttamento e di accertamento dell ‘alienazione lavorativa.

Probabilmente la nuvoletta piovosa che accompagna l eroe padano mortificato dai Roma e dintorni rimarrà una delle più significative icone del secondo Novecento.

VILLAGGIO e’ riuscito nell’ impresa di trasformare l’ inetto sveviano in automa di massa, umiliato da capitalismo e centralismo, costretto a masturbarsi col suo stesso accento del Nord, corpo rocambolante tra aziende svendute ai capi e bieche vacanze frustrate di massa.

Quanto ad ELSA rimarrà anche nel ricordo la maggior DIVA di referente sensuale degli anni sessanta e settanta in Italia, di calibro sicuramente internazionale. Partendo dalla sua deliziosa Maremma arrivò a sbancare in fatto di fama la stessa Hollywood . Alta e snella , ipermoderna, rese inquieti i sogni di molti maschi in tutto il mondo.

LIMITI  - VATE DELLA METACANZONE DI INTRATTENIMENTO

 

Prima o poi sapevamo che il mondo sarebbe stato……senza Limiti.

Paolo ci ha lasciati e abbiamo perso anche noi un Po’ della sua….nostalgia canaglia.

Lombardo e padano per sanguignita ed eclettismo ha incarnato benissimo, a vari livelli, la mediazione tra arte musicale e sentimento popolare, esplorando tra l'altro colle sue canzoni, una fascia che negli anni sessanta andava scoprendo una intimità meno retorica e moralistica.

Diventato personaggio cult alla fine del millennio con una trasmissione pomeridiana ispirata alla storia della musica e del cinema, volle proporre una dimensione nazionalpopolare alternativa a quella baudiana, più cipigliosa e mediterranea della sua.

A parte qualche scivolata nel kitch con cagnolinesosia e neomarilin da strapazzo, ha saputo difendere il ruolo di Milano prima della definitiva resa al centrosud artistico tipica del terzo millennio.

I DUE TELEVOLTI PIÙ SIGNORILI

Un maggio più caldo del solito se li è portati via per sempre.

Erano due volti della televisione e hanno pure presentato assieme in alcune occasioni, suscitando invidia, per la loro bellezza e bravura ,  in tanti uomini e alcune donne.

Daniele Piombi era nato alle porte di Bologna, si era laureato a Firenze colmandosi di buona cultura e diventando a poco a poco il più aristocratico dei presentatori, proprio per questo motivo inviso al genere pop. Citazioni, squarci storico artistici,  parole più forbite rispetto a Mike e Corrado. In realtà grande intenditore di talenti musicali.  Infine geniale inventore del premio Regia televisiva.

Annamaria Gambineri, pur essendo romana, sta bene in una rubrica padanista perché ai tempi per presentare le trasmissioni della serata era costretta ad assumere un accento padano, allora molto apprezzato alla RAI.  Fascino sottile, gestualità  garbata, ammiccamenti al pubblico di ispirazione borghese che non passarono inosservati al punto da diventare tic imitatissimi da Alighiero Noschese.

Daniele Piombi 1933 - 2017

BETTETINI E BENEVOLO ARCHINGENIERI DEL SEGNO E DELLA CIVILTA’

 

Son morti nella prima parte di gennaio nell ‘inverno lombardo più freddo del secolo.

Gianfranco Bettetini e Leonardo Benevolo erano entrambi due architetti padani  anomali, veri ARCHINGENIERI , il primo ingegnere della comunicazione massmediatica, il secondo pianificatore della civilta’ urbana.

La visione dell’ informazione e dell’ intrattenimento in tv e sui giornali che imposta Bettetini non ha nulla da invidiare alla Progettualità dei colossi mondiali, grazie ad una conoscenza della semiologia che non concedeva nulla alla sterile astrazione.

Benevolo ha riscritto coi suoi libri la storia della architettura padana e italiana grazie ad un tipo di intelligenza votata ad una comprensione totale delle radici geostoriche delle citta’ piu’ importanti.  Decisivi poi i suoi piani regolatori di Brescia e Monza.

Quanto ai progetti di Benevolo sull’ Urbe … risuona ancora un lungo interminabile applauso che accompagna la sua magnifica idea di abbattere quel ridicolo monumento alla retorica tricolore che risponde al nome di Altare della Patria (per i romani stessi “La macchina da scrivere “)

Gianfranco Bettetini 1933 - 2017

Il primo Natale senza RIGHI e PROSDOCIMI       

di Andrea Rognoni

Sara’ il primo Natale senza Mario RIGHI e Aldo PROSDOCIMI, due linguisti diversissimi tra loro eppur accomunati da un certo eclettismo di base, venuti meno nel corso dell’anno  2016.

Prosdocimi, patavino di Este, ha insegnato in diverse universita’ padane ed è stato il mio docente ad Urbino una quarantina di anni fa. Il primo amore per l’arte (non la scienza) della glottologia lo devo a lui.  Interessato a tutti i popoli Padani e italiani prima di Roma ha capito secondo me meglio degli altri i veri segreti della civilta’ gallica (anche alfabetica e semiotica) , arrivando a curare il volume relativo alla famosa e per certi aspetti irripetibile mostra sui CELTI a Palazzo Grassi di Venezia dei primi anni Novanta.

Righi, al confronto era un umile studioso e glottomilitante “ di strada”, pronto ad arrabattarsi ogni giorno nella giungla urbana milanese per sbarcare il lunario. HA DIFESO STRENUAMENTE TUTTE LE LINGUE LOCALI DEL MONDO,  arrivando ad imparare e parlare da autodidatta almeno 100 idiomi di ogni parte del pianeta(consigliabile il suo liberarculo di grammatica e lessico della Baviera). Ma la sua grande passione era soprattutto l’esperanto,  nei cui valori di strumento comunicativo universale credeva fermamente.

Mario Righi

Aldo Posdomici

FO E ALBERTAZZI, IL GIULLARE PADANO E IL TOSCO VATE

 

Se ne sono andati a pochi mesi l ‘uno dalla altro e in maniera repentina, entrambi novantenni.

Attori di simile statura ... non ci saranno piu’ , mai piu’ . La Toscopadania li piange con grande commozione perche’ da veri e propri giganti del palcoscenico hanno riempito, in modi diversi ma complementari,  il Novecento italiano ed europeo,  nonche’ la nostra stessa convulsa esistenza.

Dario FO ha lanciato il Gramelot con successo, in altre parole la koinè linguistica padana alternativa all’ italiano di stato...ha irriso i potenti e ha incubato diverse fasi di politica rivoluzionaria, portando sul palcoscenico (talvolta aristopop come la palazzina liberty di Milano) una mimica inimitabile , finendo  “sugli altari (lui ateo) col Nobel vinto grazie alla volonta’ del dopoguerra fredda di ammansire  i lupi e i ribelli….

Giorgio ALBERTAZZI e stato probabilmente l’ ultimo grande VATE.  Partito come seduttore ha finito per incarnar meglio degli altri la singolare figura del Doppio ( pontifex e carnefice al tempo stesso) regalandoci il massimo con “Enrico quarto” a teatro e “Dottor Jekill e mister Hide”in televisione. Rispetto al suo amico_ nemico FO ( bella la serie TV fatta insieme nel Duemila) ha incarnato il guru della destra sociale e culturale.

Giorgio Albertazzi e Dario Fo

L’  ULTIMO GRANDE ESORCISTA PADANO         

di Andrea Rognoni

 

Se ne e’ andato anche l ultimo grande esorcista padano. Padre Amorth, un nome d’ arte da far invidia perfino all ‘Otelma. il modenese Amoretti, novantenne, era diventato il principe dei Castigadiavoli, fondando tra l'altro l ‘Associazione italiana esorcisti ad inizio anni Novanta.

Col suo volto da demone implacabile riusciva davvero a fare miracoli nei confronti di chi riteneva posseduto dalle forze infere ,  la sua filosofia era senza remore: nessuna pieta’ per chi impedisce il regolare esercizio del bene, insomma fora di ball a tutti gli infestanti di questo e dell’altro mondo .

In realta’ era l’ ultimo discendente di una tradizione, quella emiliana e romagnola che perfino in tempi di comunismo dominante e’ riuscita a mantenere viva la fede nella demonologia militante, come dire “laddove non arriva il partito ci pensa ... la Chiesa di una volta”.

Pillole antiche di saggezza padana che si esprimevano attraverso uno splendido “palco teatrale”, nel quale crocifisso e olio santo sostituiscono i tradizionali strumenti di scena per esercitare con successo una terapia molto meno costosa di quella psicoanalitica.  Amorth, demiurgo e Caronte al tempo stesso trattava Belzebu’ peggio di quanto faceva Don Camillo e non si stancava mai di liberare i poveri alienati... Insomma anche se fosse solo una messinscena…tanti applausi, fratello Gabriele !

Per tutto il resto consultate il mio libro “All’ ombra del Maligno “  (Ed. Eos).

Padre Gabriele Amorth 1925 - 2016

IL DOGE E L ‘UBRIACO

Son morti più o meno negli stessi giorni, alle idi di maggio, due personaggi straordinari della Venezia tardonovecentesca. Il Doge e l’Ubriaco ora si potranno riabbracciare, come Alfa ed Omega della Lagunarità, nei Campi Elisi della padanità.

Alvise Zorzi ha scritto tutto quello che è umanamente possibile sulla Serenissima, dalla storia all’attualità, Lino Toffolo ha incarnato, recitando a teatro cinema e tv, la figura dell’ultimo dei lagunari e dei pavani, a contatto fertile e inimitabile coll’inferno umano della povertà e della degradazione. Lino, tra l’altro, assieme a Villaggio e Pozzetto, rilanciò ab imis la Padania Verace nel corso degli anni settanta, ridando fiato alle nostre tradizioni (indimenticabile il suo Ruzante, rivisto alla luce delle esigenze popolari della postmodernità).

Alvise veniva chiamato Doge, a partire da Elio suo padre fondatore della Mostra cinematografica di Venezia, proprio perché dinasta e sovrano intellettuale in un mondo che aveva bisogno della sua cultura come della capacità di venir governato nei secoli d’oro.

Alvise Zorzi 1922 - 2016

Lino Toffolo  1934 - 2016

ECO E LA ROSA DEL POSTMODERNO

 

Abbiamo aspettato che fosse diventato………cenere….proprio come l’insieme dei libri della biblioteca del Nome della Rosa…….l’olocausto generato da padre Jorge, l’olocausto più famoso del Novecento dopo …la  Shoà.

Per dire che cosa? Che Umberto Eco è stato grande, grandissimo, incommensurabile, anche se come narratore puro gli preferiamo paradossalmente tanti italiani del sud, da Pomilio a Consolo e Bufalino

Ma da padano sopraffino nella sua immensa curiosità l ‘Umberto più famoso assieme a Bossi e all’ultimo re d’Italia non poteva esser solo un narratore, sarebbe stato troppo riduttivo. E’ stato innanzitutto il maggior semiologo europeo , colui che ci ha introdotto nei misteri della cosiddetta “semiosi illimitata”, quella insomma che fa sì che ogni segno a sua volta divenga significato di qualcosa d’altro. Ha capito come nessuno studioso   il valore del fumetto e del poliziesco, della tv e della Rete ( pur finendo per criticarla perché non e’ venuta come lui l’aveva in qualche modo progettata), insomma ha traghettato il mondo nel cosiddetto “postmoderno”.

Il noto suo amore per le liste e gli elenchi nasceva da una libido enciclopedica che gli aveva fatto invidiare perfino l’esoterico Raimondo Lullo….e a proposito di esoterismo, nessuno conosceva così bene nell’ambiente di sinistra ( a parte Giorgio Galli) questo argomento, pur considerandolo mistificante, come si può leggere nel libro forse più riuscito assieme al Diario Minimo, il romanzo dedicato a “il pendolo di Foucault”, testo singolarissimo che incrociava come solo Eco sapeva fare la tradizione umanistica e quella tecnico-scientifica.

Sul suo materialismo anticlericale abbiam conservato sempre molti dubbi, specie da quella sera in cui avemmo modo di conversare con lui presso la Scuola Tedesca di Milano ( eravamo colleghi di italiano e storia della moglie Renate, esemplare storica dell’arte). Tanto che la vignetta più riuscita postmortem è quella che lo raffigura come fratone impenitente.

Lascia davvero un vuoto , perfino per la cultura padana, da lui implicitamente criticata in “Baudolino” ed esplicitamente in una “bustina di Minerva”. Con l’ironia che seppe usare sempre…..possiamo augurare :che la terra non ti sia lieve, Maestro, perché anche nell’Altrove celtico sarai in grado di far sentire il tuo demone interiore.

Umberto Eco  1932 - 2016

SERGIO VACCHI, IL MESSAGGERO DELLA NUOVA MITOLOGIA

di A. Rognoni

 

Se ne  è andato anche Vacchi, il maggiore pittore emiliano della seconda metà dello scorso secolo.

Non si può capire Sergio, morto a novant’anni, senza Morandi e Longhi, le due stelle emiliane della parte centrale del  Novecento, luci destinate a non spegnersi mai in ambito materico e critico. Si era recato infatti alla loro rispettiva scuola, raggiungendo una notevole cultura estetica. Ma dopo esser partito dal cubismo e dall’informale, ineludibili riferimenti   per chi si affacciava nel dopoguerra all’arte, il Nostro si immise in un percorso più arduo, quello di un surrealismo toscopadano impregnato di una forte vena espressionistica, che per certi versi, fatto salvo l’uso del colore  a tratti estenuante  ( prevalevano ocre e verdi in tonalità ombreggiate) che si  collega alla nostra tradizione di “fucina”, lo rende simile al miglior Bacon.

Ma il figurativo grottesco di Vacchi, proveniente dal mondo contadino dominante nella bella nativa  Castenaso, vera e propria porta rurale di Bologna, merita un occhio di riguardo rispetto al resto della produzione italiana contemporanea (trampolino di lancio fu l’esposizione alla Contemporary Gallery di New York di fine anni Cinquanta) perche ha saputo creare una sorta di nuova mitologia della realtà tangibile, capace di leggere personaggi reali o caratteriologici attraverso l’interpretazione della “strada” ( emblematico in tal senso il lavoro su Greta Garbo, ma decisivi anche quello su Federico secondo e Galileo). Lascia tra l’altro una importante fondazione in terra di Siena.

Sergio Vacchi 1925 - 2016

ADDIO A MARIO DONDERO

di  Andrea Rognoni

 

E’ morto il maggior fotografo padano degli ultimi 50 anni. Dobbiamo riconoscerlo nonostante la sua professione di fede politica non perfettamente consona al nostro orientamento. Nessuno come lui ha saputo ritrarre personaggi come Neruda e Moravia, Paolini e Pennac.

Nato a Milano da genitori genovesi, ha attraversato il mondo colla curiosità dell’eterno bambino “impertinente”, pronto a catturare l’immagine destinata a fare epoca, miscelando arguzia e innocenza atta ad immortalare star e umilissimi colla stessa implacabile voglia di capire e informare.

Si era trasferito a Parigi negli anni cinquanta, arrivando a diretto contatto cogli scrittori del gruppo Noveau Roman, giganti rispetto a chi scrive oggi.”Mi ha conquistato la libertà del fotografo, la solitudine, l’intimità con le persone che raramente il giornalista raggiunge”

La sua “arma micidiale “ era una LEICA a cui è rimasto fedele per tanto tempo: Giustamente la sua  è stata definita “arte di denuncia , incursione e documento”

Mario Dondero 1928 - 2015

GILBERTO ONETO, L’INVENTORE DELLA PADANIA                   

di Andrea Rognoni

 

 

E’ morto il maggior padanista di tutti i tempi, un uomo che ha dedicato la seconda parte della sua esistenza all’idea di Padania, non un’idea qualsiasi ma il maggior progetto nazionalista e nazionalitario a cavallo tra Novecento e Duemila.

Gilberto era nato nella provincia padana più profonda, il biellese, una terra troppo spesso dimenticata. Aveva poi deciso di vivere su quello che considerava il lago più bello del mondo, il Verbano. Dopo una gioventù ricca di stimoli, dall’architettura che non ha costituito solo il suo lavoro principale ma anche lo stimolo per migliorare il paesaggio del mondo , si era avvicinato al

Movimento Sociale e ad Alleanza Cattolica più per avversione allo Stato pseuddemocratico che

ai reali valori dei movimenti citati. Era perfino diventato il disegnatore più bravo de “la voce della Fogna” giornale satirico pronto a sbugiardare le menzogne del governo democristiano e filosocialista.

Poi la folgorazione, la presa di coscienza della necessità di fondare una nuova civiltà riconosciuta, quella padana. Di qui il titolo del suo libro che rimane di maggior successo: “L’invenzione della Padania”. La Padania andava inventata o reinventata non perchè non avesse le carte in regola per esistere per sempre (e nei Quaderni Padani, la rivista da lui magistralmente diretta lo spiegò in mille maniere) ma perché si trattava di rispondere ad un’altra tragica invenzione, quella dell’Italia, un’entità cioè che nessun dogma avrebbe mai decretato, come sosteneva Mons. Maggiolini.

La Padania, ha spiegato Gilberto nell’ultimo mezzo secolo, partendo anche da alcune intuizioni di Miglio (che in realtà padanista non lo fu mai completamente), rappresenta una realtà linguistica, etnoculturale, economica che presenta tratti piuttosto diversi dall’italianità subappenninica (esito a cui era arrivato anche il geografo Mainardi tra gli altri studiosi).

Oneto è sempre stato per la secessione e su questo punto anche noi l’abbiamo talvolta criticato. Ma le ragioni dell’indipendenza assoluta le ha sapute portare da vero e proprio Maestro, grazie ad una cultura enciclopedica, ad una capacità unica e inconfondibile di coniugare il dato culturale con quello   economico e metapolitico. Rimarrà per sempre, tra l’altro, il Ministro della Cultura del governo - ombra nato nel ’96 (e mai ufficialmente morto) con la manifestazione del PO.

 

 

Moira Orfei - 1931- 2015

MOIRA  ORFEI, IL VOLTO E IL MITO DELL’ARTE CIRCENSE

 

 

Era una ragazza friulana, ma ha conosciuto poi l’Italia   intera e gran parte d’Europa colle sue acrobazie circensi, raggiungendo vette inattese di popolarità.

Domava elefanti e addestrava colombe: ma il suo viso ed il suo corpo erano diventate negli anni del dopoboom una vera e propria icona, televisiva, cinematografica (Fellini) e pubblicitaria.

Nell’immaginario di padani e italiani rappresentava il lato più popolare  e “volgare” della star, quella a cui puoi chiedere di uscire a cena senza provare soggezione.

Ma lei non faceva nulla per mostrarsi falsamente chic, rappresentava il sangue e la pancia del circo, una sorta di velina antelitteram da una parte e in gioventù , la donnacannone in età avanzata , data l’obesità, pronta a cancellare il mito stesso delle anoressiche da copertina patinata. Luca Telese  su Libero ha bene così sintetizzato: “Era così incarnata coll’idea del viaggio e del tendone da diventare lei stessa una maschera senza tempo………più popolare di Topolino”.

Quando è morta a 83 anni, in questo autunno che sta risultando il più caldo del nuovo secolo, lo spettacolo non si è fermato: nel suo ricorso ereditario il tendone a Brescia ha divertito come sempre. Era l’immagine stessa della Vita-Vita, non aveva senso marcar visita  per immaginarla da morta.

RENE’ GIRARD E IL CAPRO ESPIATORIO                                                          

a cura di A. Rognoni

 

 

Se ne è andato  a novantadue anni anche il cantore del famoso “capro espiatorio” (singolarità immolata fisicamente o moralmente per il bene di tutti), il provenzale Renè Girard. Con lui ecco la parola fine ad un’altra straordinaria generazione di antropologi, quella successiva ai coscritti di LeviStrauss.

Professore di letteratura negli States, era riuscito a reinterpretare tanti fenomeni della società attuale alla luce delle leggi del mito e del mondo arcaico, come ad esempio il meccanismo del “desiderio mimetico”: emuliamo le persone che rispettiamo e contro imitiamo gli individui da noi disprezzati. CON ESITI COME LA COSTRUZIONE DELLO STESSO RAPPORTO AMOROSO.

Implicita la critica a Freud, mentre scandalizzò cattobuonisti e benepensanti la tesi contenuta nel suo bestseller “La violenza e il sacro”, IN CUI SPIEGAVA COME LA SACRALITA’ NASCA DALL’ESIGENZA DI GESTIRE L’INNATA AGGRESSIVITA’. Forte la sua critica all’Europa unita.

 

 

Renè Girard- 1923- 2015

Ugo Tognazzi - 1922- 1990

TOGNAZZI  NEL VENTICINQUESIMO DELLA MORTE ( 27 OTTOBRE 1990)

Venticinque anni dalla morte del grande Ugo Tognazzi, un attore straordinario, una stella dell’universo artistico padano.

Una stella irripetibile, nella sua iconicità di guitto e di maschera carnascialesca.

La scena in cui il “federale” accompagna il professore a Roma in sidecar risulta probabilmente la più bella del cinema italiano novecentesco. Rappresenta una metafora della vita, con quelle “buche con acqua e fango” che solo quel “mostro “ di Tognazzi poteva interpretare.

Ecco, un Mostro, per la precisione la reincarnazione di Tarantasio, il mostro-drago delle acque del lago Gerundo , nato secoli dopo nella città che lambiva le sue acque, Cremona.

Se ci pensate tutti i suoi personaggi erano dei “devianti”: il Fascista fanatico, il Petomane, il Cornuto contento del “Romanzo Popolare”, il Matusa di tanti film fine anni sessanta, il simpatico gay de “Il Vizietto”, l’abusivo de “I mostri”.

Sapeva oscillare dalla tipologia “scemo del villaggio” a quella di raffinato seduttore. Anche perchè aveva davvero “una faccia di gomma”.  L’immagine della padanità più autentica, quella eclettica  e sorniona, gaudente e curiosa.

Partendo dall’esperienza della “grande bouffe” e’ stato un profeta: aveva capito che la Cucina sarebbe diventata il più grande affare massmediatico di tutti i tempi; ma paradossalmente, se potesse rinascere oggi direbbe: “Me ne impippo dell’Expo e delle trasmissioni  cogli chef: venite a casa mia e vi dimostrerò cosa significa ancora mangiare bene”: Perché la sua era una carnalità autentica, fatta di sane scoregge. E di fronte a Oscar Farinetti emetterebbe una bella pernacchia!

 

 

Abbiamo aspettato un po’ di tempo perchè lo choc è stato grande. L’avevamo conosciuto nella sua Novara, negli anni settanta, ai tempi della sua docenza al liceo, in occasione di un a sua conferenza sul senso dell’arte. Pensate che ai tempi scriveva romanzi d’avanguardia, sul modello del Gruppo sessantatre, poi anche lui, come Eco, ha riscoperto il valore del romanzo storico ed è arrivato finalmente sotto i veri riflettori. Ma se lo è meritato.

Perché Sebastiano Vassalli, venuto meno in una di quelle notti afose dell’estate padana ricreata in vitro nella sua magnifica cascina, ha saputo raccontarci come pochi altri la questione dell’identità, meglio dell’intreccio tra identità individuale ed identità comunitaria, partendo da quel Piemonte orientale che tanto bene conosceva. Ecco allora i gioielli della “Notte della Cometa” (sul grande Campana) e de “la Chimera”(che paradossalmente chiuse un’epoca di forte interesse per la stregoneria, permettendone la sublimazione dal campo storico-realistico a quello artistico-letterario, in una temperie da New Age).

 

 

Sebastiano Vassalli- 1941 - 2015

Nessun attore ha saputo identificarsi meglio nei suoi personaggi come Omar Sharif nel Dottor Zivago, film di ormai 50 anni fa. L’ attore egiziano è mancato ultimamente all’ età di 83 anni. Lo si ricorda soprattutto per la trasposizione del romanzo di Pasternak con gli altri divi Julie Christie, Geraldine Chaplin (figlia del grande Charlot) e Alec Guinness. Singolare anche la sua vita tra cultura musulmana e cristiana. Si fece conoscere con l’interpretazione dello sceicco in Lawrence d’ Arabia (con cui vinse il premio Oscar come attore non protagonista), ma anche in altri film diede modo di dimostrare la sua bravura insieme con altri grandi interpreti come “C’era una volta” di F. Rosi a fianco di Sofia Loren: una gradevole favola ambientata nel sud Italia durante la dominazione spagnola del ‘600 con risvolti fantasy (S. Giuseppe da Copertino che vola). Altre interpretazioni: Majerling, la tragica vicenda del principe Rodolfo d’ Asburgo, con Catherine Deneuve e Funny lady con una strepitosa Barbara Streisand. Noi tutti, sulle note della famosa colonna sonora, lo salutiamo con un Arrivederci Dottor Zivago.

 

 

 

Ilaria Colombo

Omar Sharif - 1932 - 2015

Liliano Frattini  1934 - 2015

E’ morto il 7 giugno nella sua amata Varese. Era diventato famoso tra anni settanta ed ottanta, come mezzobusto televisivo dall’inedito accento padano e come ideatore di un notiziario meteo di impianto rivoluzionario, come METEO TRE, un antidoto di ispirazione “nordista” alle estenuanti previsioni del guru romano Bernacca. Non contento dei successi, legati anche alla indubbia capacità di intrattenere il pubblico con analisi ingegnose  e commenti arguti, dagli anni a cavallo tra ottanta e novanta, forse presago della noia che avrebbe generato il crollo del muro di Berlino a livello politico e ideologico, si mise a spiegare , attraverso libri quanto mai accattivanti, i segreti della pranoterapia, arrivata alla ribalta sull’onda della New age e della filosofia orientale. Qualcuno di fronte a cotanta “ribalderia” intellettuale si mise a storcere il naso e a paragonarlo a quei santoni allucinati tanto di moda ai tempi di Craxi (Liliano era un giornalista in quota PSI)… e di suo fratello. Qualcun’altro ne vide il segno dei tempi mutati in seguito al riflusso nel privato e lo elevò a vero e  proprio Vate della Postmodernità.

Verrebbe da dire, conoscendolo: anche questa è arte… 

Lo storico dell' arte Filippo Pedrocco esperto del Settecento veneto è morto da qualche mese  a Venezia a 64 anni.

Già conservatore del Gabinetto dei Disegni del Museo Correr,  realizzò con Terisio Pignatti  Il primo catalogo. Ha firmato monografie su Giorgione , Tiziano, Veronese e Canaletto. Palestra sua privilegiata fu il Settecento veneziano : ecco allora il lavoro su Giambattista Tiepolo, quelli su Michele Marieschi e Antonio Guardi , gli scritti sui vedutisti, i volumi su Palazzo Labia e Ca’ Vendramin. Tanti i lavori di divulgazione, tutti scritti con sapienza e semplicità.

Diresse infine  Ca’ Rezzonico. La rinascita del museo con gli importanti lavori di restauro, conclusi  nel 2001, reca la sua firma , così come le grandi mostre della Ca’,non senza vasta eco internazionale. 

Filippo Pedrocco  1950 - 2014

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