top of page

Il libro del mese

Prof. Paolo Perulli

“I SIMBOLI E L ‘ INVISIBILE “ (ed. Il Saggiatore)  SECONDO ELIO FRANZINI

di Andrea Rognoni.

Nei simboli conta più quel che non si vede che non il visibile stesso.

Un pugno sferrato contro l' estetica tradizionale da parte del filosofo Elio Franzini, rettore della Statale milanese, autori anche di manuali di storia della filosofia.

Nei libri da lui scritti nel terzo Millennio impariamo questo assioma, quasi di tipo esoterico.

Per “attraversare” ogni tipo di simbolo, sia esso funzionale o artistico, occorre riuscire a cogliere i presupposti reali della sua manifestazione, frutto di una dimensione genetica assai complessa.

Partendo dalla “ fenomenologia “, cara a lui e al suo Maestro Zecchi, il Nostro lavora , come si dice, sui fondamenti dei fenomeni simbologici , senza disdegnare sguardi alla semiotica da una parte e ai libri di Cassirer dall’ altra. Data per scontata la genesi storica di ogni manifestazione segnica, ci fa intendere come l’occhio umano sia costretto a stabilire un intreccio tra le varie istanze di rappresentazione e  sintesi, spesso giocate sul filo delle emozioni più profonde e innominabili.

Cover I Simboli e l'invisibile.jpg

BERTI ICONA INSUPERATA DI PADANITA’

Di Mario Pinazzi

ORIETTA BERTI si regala ai posteri con la sua autobiografia, uscita nell’ autunno 2020 per i tipi della Rizzoli.

Si tratta di un piccolo capolavoro di sincera e commossa confessione. Un omaggio appassionato alle radici guareschiane della sua appartenenza territoriale, a cominciare dal titolo, che suona ossimorico nella sua disarmante schiettezza : “Trabandiererosseeacquasantiere” ( edizioni Rizzoli).

Ci racconta, lei stessa alquanto divertita, come da bambina passasse allegramente dal tifo appassionato per la rivoluzione, ereditato dalla mamma, al culto devoto nei riguardi del Salvatore, ereditato da papà, un uomo prematuramente scomparso per un incidente.

L’ ambiente era quello umile e fangoso della bassa reggiana, ad un passo da quella Bibbiano ora nell’ occhio del ciclone. Tanti i giochi di una bimba scatenata, che voleva far la sarta ma ha finito per venir dirottata verso un mondo, quello dello spettacolo , da guardar con paura e sospetto, accettato alla fine solo grazie alla pazienza del marito Osvaldo, vero e proprio tesoro di pazienza e virtu’.

La carriera, narra il libro, si snoda tra alti e bassi : tanta fatica nel girare continuamente l ‘ Italia e l ‘ Europa, il mito della brevilinea rosa padana che supera con un cuore grande così tutti gli ostacoli e arriva dritto nel ventunesimo secolo (immarcescibile come Morandi), anche grazie ad una riabilitazione completa in ambito televisivo e mediatico, dopo la crisi tra anni settanta e ottanta e il nuovo rilancio a partire dalla fine degli ottanta. Perfino chi la aveva criticata per l’alone demodè si ricrede al punto da definirla “immortale”.

images.jpg

IMMORTALE FRANCA FOTOGRAFATA DA DALLA VECCHIA

di A.Rognoni

Aldo Dalla Vecchia ricostruisce con estrema precisione la carriera della centenaria Franca Valeri.

Si parte dagli esordi nella compagnia teatrale dei Gobbi per arrivare alle performance del Terzo Millennio.

Tra teatro cinema e tv, con l’acme di gloria rappresentato da Carosello, ecco un percorso che ha convinto tantissimi italiani, diventando modello, specie nelle icone della santa Trinità (Cecioni, Cesira e Signorina Snob), per tante comiche più giovani, bizzarre e parolacciaie, e di successo come Littizzetto e Foer.

Un libro (Graphe.it), anche in versione ebook, da non perdere per celebrare i 100 anni valeriani il 31 luglio 2020 e forse, speriamo, anche qualche anno oltre,

Il Dalla Vecchia si conferma estroso e curioso giornalista e scrittore, soprattutto grande biografo ( ha narrato anche parte della vita di Mina..)

AldoDallaVecchia_VivalaFranca_cover (1).

MEZZO SECOLO DI OSCAR PER IL SANTO FOGAZZARIANO , A CENTO ANNI DALLA BIOGRAFIA MIGLIORE

di Sergio Serena


 

Lo aveva capito perfettamente il grande scrittore e critico padano Riccardo Bacchelli, non a caso morto in gloria pauperistica in quel di Monza: “Tutto quanto il Fogazzaro dei romanzi, anche quello che il pubblico colto non legge più, è cercato invece con durevole passione dal lettore semplice, dal pubblico delle librerie circolanti e delle edizioni economiche”. Il successo semisecolare de

Il Santo negli Oscar Mondadori (pubblicato nel maggio 1970), mentre la prima edizione era stata milanese per Baldini e Castoldi nel 1905 e oggetto quasi di scandalo, sta precisamente a dimostrare la veridicità e l’ estrema attualità (fu vergata nel lontano ‘62 al interno di Saggi Critici ) dell’ assunto socioletterario del gigante emiliano.

Rispetto a storici e studiosi (di Antonio vi è scarsa traccia perfino nelle antologie scolastiche che pure continuano a glorificare un certo Vate) la posizione estetica etica e spirituale dello scrittore vicentino risulta tuttora troppo scomoda ed originale per venire digerita da establishment culturali vecchi e nuovi.

Fogazzaro era troppo eretico per i cristiani e troppo mistico per gli atei razionalisti … cercava di interpretare una posizione inedita e quasi futuristica, giudicata alla fine faziosa ed inattuabile. Sotto questo punto di vista Il Santo rappresenta proprio il culmine di questa sua visione del mondo. La storia del lombardo Pietro Maironi, veggente laico che vuole riformare la Chiesa, rimane invece esemplare dell’ansia che deve attraversare ogni vera spiritualità, al di là delle precise e spesso faziose posizioni politiche ed ecclesiali. Nel romanzo l’autore volle legare il tutto all’ analisi del cuore di una donna innamorata, Jeanne Dessalle, già presente come personaggio in Piccolo Mondo Moderno, disposta a tutto pur di regalare al Santo di Jenne la soddisfazione di una conversione confessionale che costituisce l’ allegoria e la sintesi di un più vasto tentativo di conversione della Chiesa e del mondo. Molti esegeti hanno sottolineato lo scarso livello di valore letterario del testo, ma quel senso di incompiuto che è tipico di tutti i romanzi del veneto va decifrato invece come lucida testimonianza della reale impossibilità di logicizzare il senso ultimo della vita, in una altalena di languori e slanci che fanno della narrativa fogazzariana lo zenit del pre-ermetismo.

Lo aveva inteso benissimo perfino il biografo Gallarati Scotti ne La Vita di A.F., agente testamentario nel 1920 di un pensiero che va ripreso e rilanciato alla luce anche delle ultime vicende del pontificato romano.

IL SANTO COVER.jpg

TORNANO IL DIO PADANO DI TESTORI E LA TRISTE PARABOLA CIBOTTIANA DEL DELTA

di S. Serena


Nuova edizione per l’ esordio testoriano del ‘54, IL DIO DI ROSERIO, un must per chi ama le genuine storie lombarde e padane. Bene ha fatto la Feltrinelli a ristamparlo, riproponendolo oggi, a 65 anni dalla prima pubblicazione, in un clima in cui serve “tornare alle origini“ del neorealismo nella sua versione più vicina alle ragioni del territorio, alla stesse tradizioni popolari di marca sportiva. Parabola beffarda di un campione della bicicletta che non riesce a vincere anche in fatto di furbizia. Stile icastico di un autore che scenderà poi con AMBLETO nelle spire della nostra identità.
Altro magnifico ritorno e’ il breve romanzo SCANO BOA del Veneto Cibotto ( ora ripubblicato da Marsilio), una amara storia degli anni sessanta che vede protagonista un vegliardo deciso a catturare piu storioni possibili per riuscire ad evitare il carcere al figliolo.

Presso l’ ultima lingua di terra che separa il Po dal mare si dipana una sfida titanica, piena di colpi di scena e vissuta all’ interno di una straordinaria comunità di pescatori. La fine del vecchio, ritrovato esanime in una risacca e tumulato in chiave anonima, segna la fine stessa di una certa aurea , epica, PADANITA ‘.

il dio di roserio.jpg
SCANO BOA Cibotto.jpg

APPUNTAMENTO A TRIESTE

di Loredana Pennati

Ristampato a giugno di quest’anno da La Nave di Teseo ( 298 pagg. €. 17,00), è un romanzo del ’53 scritto dall’ucraino Giorgio Scerbanenco - nato nel 1911 a Kiev, trasferitosi adolescente in Italia e morto a Milano, sua città d’adozione, nel ’69 - da cui nel 1989 fu tratta una mini serie televisiva su Rai 1. Non si tratta di una delle note investigazioni del commissario Duca Lamberti, ma di una appassionante storia d’amore nella cosmopolita città friulana di confine, nell’immediato dopoguerra sotto il controllo del governo militare alleato, sullo sfondo di un intrigo di spie e soldati che si fronteggiano in un grande gioco ad alta tensione. Il protagonista maschile, l’americano Kirk Mesana, ferito gravemente, viene dato ufficialmente per morto dal suo comando, anche per Diana la bellissima innamorata triestina, che però, guidata da un rarissimo e tenace istinto amoroso, animata da dubbi e sospetti, lotta strenuamente contro ogni evidenza nella sicurezza di poter rivedere, e ricongiungersi, con l’agognato partner. Inframezzato da un soggiorno di Diana in una valle gardesana - dove lo zio Fulvio ha creato con l’ausilio di una azienda cartaria, un villaggio di sostegno per triestini sfollati- durante il quale la donna vive una parentesi di conforto alla solitudine sentimentale nella liaison col medico Riccardo, enigmatico amico d’infanzia, attorniato da strani personaggi di cui si fatica a capire sino alla fine chi sia sincero e chi traditore doppiogiochista, questo romanzo è una singolare immersione nell’ atmosfera di un tempo lontano …ormai superato ma nello stesso tempo attuale, a dimostrare come la spy storia, ieri come oggi , sia sempre in agguato. E lo Scerba …non tramonterà mai !

9788893448871_0_0_626_75.jpg

SUSANNA E I SUOI SEGRETI NE “IL TUO SGUARDO ILLUMINA IL MONDO “

di Loredana Pennati

L’ultimo romanzo di Susanna Tamaro ( edizioni Solferino 2018 - €.15,00) è in realtà una lunga lettera scritta all’amico Pierluigi Cappello nel primo anniversario della sua morte, anche per esaudire il comune desiderio di scrivere un libro insieme, inserendo a tal proposito alcune belle liriche del poeta friulano. Con Pierluigi, costretto su una carrozzina dall’età di 16 anni a causa di un incidente motociclistico da passeggero, nel quale il conducente perse la vita, la scrittrice sente di condividere una simile costrizione …non quanto fisica ma psicologica tanto che, nel percorrere le tappe della reciproca esistenza, tra cui l’incontro e la nascita della lunga amicizia, Susanna non solo racconta ma sviscera i problemi personali che l’hanno fatta sempre sentire diversa e inadatta per qualsiasi ambiente, o persone, frequentasse. Non solo in famiglia (ha avuto in pratica 2 padri, quello biologico primo marito della madre, ma pure un secondo che lei definisce psicopatico) causa l’incomprensione materna, ma anche in ambito scolastico e infine, in quello professionale, passando dalla giovinezza alla maturità . Considerata più che … originale spesso - erroneamente - un tantino disturbata, cosa che non le ha impedito di divenire una grande scrittrice, dopo essersi diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia ed aver realizzato documentari scientifici per la televisione. In una sorta di grido di dolore racconta tutte le sofferenze passate, per rivelare infine la scoperta di soffrire in realtà di un disturbo neurologico : la sindrome di Asperger. Quella che lei stessa definisce “la mia sedia a rotelle invisibile, la prigione in cui vivo da quando ho memoria di me stessa”, spiega essere pure la ragione che le conferisce un aspetto androgino, come succede per le sindromi dello spettro autistico che spesso, quando colpiscono una ragazza, portano con sé una predominanza di tratti maschili. In questo romanzo- epistolare Susanna fa pure vivere un po’ il lettore nella magica atmosfera della natura della campagna umbra dove abita, spartanamente ( il suo studio è in una casetta di legno, riscaldata in inverno da una stufa di ghisa ), con un’amica… molto più pratica e organizzata di lei, e vari animali, non sempre domestici, accompagnandolo anche attraverso altri nostalgici paesaggi legati sia alla sua infanzia triestina prima, udinese poi, che nelle montagne friulane dove viveva l’amico Cappello.

Tamaro-COVER-350x551.jpg

LA CLINICA RIPOSO & PACE

dI Loredana Pennati


 

Tragicomica avventura di Alfio Pallini un benestante e fin troppo arzillo ottuagenario, ricoverato dalla coppia di avidi nipoti in una lussuosa, e apparentemente idilliaca, struttura per anziani nella campagna toscana, il cui reale scopo è quello di accompagnare i degenti verso un anticipato trapasso, neanche giustificato da una parvenza della cosiddetta "dolce morte" dell’eutanasia, visto che i poveretti sono affetti solo delle tipiche malattie psicofisiche degenerative dell’età ma, nello specifico, non mancano di qualche… velleità. In un susseguirsi di colpi di scena, i tentativi di fuga da parte del diabolico Alfio causano paradossali situazioni che finiscono per sommare alle nutrite dipartite dei degenti quelle di infermieri e badanti che cercano di domare questo famigerato inquilino della stanza n.9. Divertente racconto nel parossismo di certi parenti serpenti e medici killer, che riesce a strappare qualche sorriso perfino ai tanti alle prese con l’emergenza di congiunti anziani più o meno autosufficienti. Un serio problema ormai ricorrente nell’attuale società che, diversamente da tempi ormai antichi in cui si poteva contare sulla coabitazione e collaborazione di un nutrito parentado, al giorno d’oggi non è più in grado, per ovvie ragioni (lavoro, spazi ed esiguo numero dei componenti), di provvedere all’interno del nucleo familiare alla cura dei propri vecchi.

 

La Clinica Riposo & Pace. Commedia nera n.2 - Francesco Recami – Sellerio Editore 2018 €.11,90.=

Cover Clinica Riposo & Pace .jpg

CHIARA E IL VATE, UNA OSMOSI?

Sono passati 40 anni dall’ uscita del capolavoro saggistico del luinese Piero Chiara, intitolato sobriamente VITA DI GABRIELE D ANNUNZIO.

Partendo dal presupposto che lo scrittore abruzzese e stato sempre amato da lombardi e veneti e dalla sottolineatura dello straordinario amore del VATE per la Padania, il libro va riletto oggi per misurare meglio la capillare precisione usata da Piero nel raccontare le vicende, specie erotiche, di un uomo travolgente.

Che Chiara considerasse se stesso una sorta di Gabriele del Nord risulta fuori didcussione. Ma il ruolo e il valore che viene dato al sesso nelle inimitabili opere narrative chiariane ci rivela perlomeno una forma di ammirazione per qualcuno che considero’ il furore erotico come il miglior viatico della stessa arte.

Il libro regala 500 pagine sfiziose di particolari che illustrano bricconate e furfanterie, certamente, ma anche prove di orgoglio e grande coraggio. In filigrana un mondo avido di vita perfino nella continua finzione, quale quello a cavallo tra i due scorsi secoli.

PADANIA E BRETAGNA UNITE COI VOLI DELL AMORE

“Il caffè dei piccoli miracoli” (ed.Feltrinelli) racconta una storia d' amore tra una bretone e un padano, una storia intrisa di mistero che lo scrittore francoteutonico Barreau racconta con icastica semplicità.

La protagonista si innamora di un veneziano imparentato con un corteggiatore sfasato ma avvenente della sua nonna sfortunata  di Quimper.

Un provvidenziale viaggio a Venezia, sulle orme tra l'altro del professore parigino di virtuologia che ha sposato la classica ipervolumica emiliana, si rivelerà la soluzione di tutti i guai, con gran finale in molgonfiera sponsale.

I voli dell amore, platonici e non, tanto più se ambientati nelle terre a noi più care, sanno di toccasana in un mondo malato di esotismo inutile. Gallia cisalpina e transalpina sentitamente ringraziano.

717feGW1EUL._AC_UL320_SR214,320_.jpg
Caffè_dei_piccoli_miracoli_7920819.jpg

VENEZIANI ? IMPERDONABILE…


L ultimo libro di Marcello VENEZIANI vince e convince.
GLI IMPERDONABILI , ed. Marsilio, raccoglie biografie rapide e sterzanti di tutti i personaggi letterari e filosofici che hanno scritto capolavori e ricevuto solo storciture di naso negli ultimi due secoli.
Marcello e’ stato bravissimo nel tratteggiare proprio quei concetti geniali di ogni autore che non sono piaciuti perché contrari al pensiero dominante. Cosi certi ‘brutti ceffi' non sono stai mai davvero perdonati. Vanno ripresi e rilanciati perché possono ancora aiutarci a cambiare in meglio il mondo! Uno per tutti, il più illeggibile, Celine…
Può sembrare una nostra forzatura ma le biografie più azzeccate riguardano firme toscopadane, come Pareto, Guareschi , Pavese e Malaparte. Del resto il cognome di Marcello, barese, ricorda radici venete!

MAGIE SUBALBINE                       

di Felice Ferraris

 

Davvero importante, per chi si interessa di storia e fenomenologia dei luoghi misteriosi, il nuovo libro di Enrica Perucchietti, che si sta ormai imponendo come la più importante scrittrice e giornalista padana di misteriosofia, complottismo e occultismo politico.

“Viaggio nel mistero, guida insolita a misteri, segreti, leggende e curiosità del Piemonte e della Valle d’Aosta “ (Business Class Edizioni) rappresenta un aggiornato ragguaglio sui vari genius loci subalpini e ligustici che hanno generato o ospitato faccende e personaggi inquietanti, dalla Sacra di San Michele  a Piazza Castello, dal Po di Nostradamus alla casa di Rol, da Triora a Issogne.

Le schede del volume appaiono quanto mai chiare e ben documentate, l’apparato fotografico permette di rivivere le magìe che hanno caratterizzato monumenti e toponimi.

Un lavoro decisamente ben fatto ,  da consigliarsi soprattutto ai giovani più curiosi che abitano nelle nostre magnifiche regioni del Nordovest , cosi adatte a rappresentare perfettamente il lato ombroso della personalità e della comunità umana.

DAN BROWN, NUOVO BERSAGLIO!

Gran successo per l’ultima uscita della saga gialloesoterica che vede protagonista il professor Langdon.

Stavolta in ORIGIN ( in Italia per Mondadori), si indaga su un omicidio ai danni di un genio del computer che pare esser riuscito a risolvere il dilemma su ‘da dove veniamo e dove andiamo’.

In realta protagoniste assolute risultano una Spagna monarchicissima ed arcigna ed una Catalogna supermodernizzata e capace ancora di sorridere (vi dice per caso qualcosa inerente alla stretta  ATTUALITÀ politica?)

Stile più farraginoso del solito ma contenuto di grande interesse, con un finale a sorpresa che ci fa temere di diventare tutti schiavi delle macchine telematiche e cibernetiche .

Insomma Dan BROWN colpisce ancora. Riesce sempre a raccontarci quello che più ci incuriosisce, non esclusa la grave crisi della religione cattolica e del suo armamentario vecchio e nuovo.

9788831728584_0_0_0_75.jpg

Dan Brown

IL ROMANZO VERITA DI NICOLETTA SIPOS, UN SOSPIRO SUI DRAMMI DEL NOVECENTO

 di A.Rognoni

 

Ha consegnato al pubblico italiano e padano la preistoria della propria esistenza, ci ha fatto intendere  che chi arriva da lontano ( in tutti i sensi perché quel Novecento a colori rossi e neri risulta ormai archiviato e proprio per questo merita ormai la leggerezza epica di un romanzo) ha delle ragioni in più rispetto a tutti gli altri per svelarci i suoi segreti e permetterci di comprendere il senso ultimo della realtà.

Nicoletta Sipos,  non nuova alle esperienze narrative o testimoniali  ( di sicuro una eccellenza e costituita da “Il buio oltre la porta” del 2009), giornalista di lungo corso , tuttora curatrice di una rubrica culturale sul settimanale  Chi,  ci racconta la vita travagliata dei suoi genitori , contrassegnata dalla follia nazifascista da una parte e in Ungheria dalla spietata dittatura comunista dall ‘altra,  fino alla sua infanzia magiara e il miracoloso rientro in Padania negli anni Cinquanta.

“La promessa del tramonto” ( edizioni Garzanti ) si snoda per trecento pagine a partire appunto dal patto stabilito a Bekescsaba tra  il chirurgo  Tibor  (nome de plume) e la moglie che incontrò infermiera a Torino, sul fatto di rivedersi in Italia e lì  ricostruire definitivamente lavoro e famiglia. Per sfuggire al regime ormai sovietizzato il medico dovrà fuggire clandestinamente a Vienna su una imbarcazione dagli incredibili nascondigli destinata ad approdare all’ ovest dopo ostacoli climatici e inquisitoriali.

Di grande fascino gli squarci su ambiente gastronomia,  usi e costumi dell’universo ungherese, sorta peraltro  di Alterego comunitario della nostra pianura nonostante la diversità di lingua e cultura.

Nicoletta mostra grande sapienza stilistica e singolare capacità di reinterpretare i drammi del secolo scorso fino a renderli comprensibili anche ai millenials . Mozzafiato il finale viennese da thriller.

LA LOMBARDIA ?  UN SET CINEMATOGRAFICO !      

  

di Ilaria Colombo

E’ uscito un singolare libello   :  “Lombardia Superstar” , edito dalla  Regione lombardia, a cura dell assessorato allo Sviluppo economico,

Dagli albori del cinema con i filmati riproducenti re Umberto e la regina Margherita alla Villa Reale di Monza, la Lombardia più di una volta sarebbe stata protagonista dei set cinematografici. Film che segnarono la storia del cinema come Miracolo a Milano di De Sica (1951), Rocco e i suoi fratelli di Visconti (1960), Il tempo dei gitani di Kusturica (1988). Altri, di Maurizio Nichetti, che avrebbero potuto creare una sorta di “milanesità “cinematografica (Rataplan, Ho fatto splash). Registri come Antonioni hanno “approfittato “del Grattacielo Pirelli; De Sica del Parco di Monza per il suo “Il giardino dei Finzi Contini “. Più di tutti però il lago di Como, definito “specchio di Dio “(Robin William), “divino “(della divina Greta Garbo), “il più telegenico dei laghi “(M. Morandini); è la location delle star del cinema. Dal 1925 quando Hitchcock vi girò uno dei primi film, si annoverarono personaggi come Elisabeth Taylor, Rita Hayworth, Orson Wells, Clarck Gable, Carol Lombard, Ava Gadner, Frank Sinatra, Woody Allen, Sergio Leone, George Clooney (con tanto di villa a Laglio), Madonna (che si recò alla Madonna del Soccorso di Lenno), Meryl Streep, Antonio Banderas … A Lenno ci fu una visuale del battistero romanico in “Una vita difficile “con Alberto Sordi. Villa Pliniana fu la sede per “Malombra “e “Piccolo mondo antico “girati da Mario Soldati. Ma il top dei top è Villa Balbianello per “Star Wars – Attacco dei cloni “che fa da sfondo alle nozze di Anakyn Skywalker (con tanto di invenzioni di Lucas e Spielberg). Il lago di Alserio è presente in “Allosanfan “dei fratelli Taviani e in “Che bella giornata “con Checco Zalone. Lecco fece da scenario ad alcuni film di Celentano come Villa Porta Bozzolo di Casalzuigno per “Yuppi Dù “. Curiosa la sorte di Bergamo dovuta anche alla presenza in città negli anni ‘ 60 di Alain Delon e Brigitte Bardot. Teatro Donizetti è l ‘ interno di “Allegro non troppo “di Bozzetto. Il Grand Hotel di S. Pellegrino di “Giulietta degli spiriti “di Fellini. Sotto il Monte è il centro delle riprese di “E venne un uomo “di Olmi. Ma il capolavoro di Olmi, premiato a Cannes nel 1978, è “L ‘ albero degli zoccoli “, interamente girato nelle cascine della pianura bergamasca. La provincia di Pavia ha avuto l’onore di essere lo sfondo de “I girasoli “con Marcello Mastroianni e del “Maestro di Vigevano “. Pasolini scelse la Bassa per “Teorema “e “Edipo re “. S. Colombano al Lambro fu il trampolino di lancio di Sophie Loren ne “La donna del fiume “. Non dimentichiamo Cremona patria di Ugo Tognazzi (“Il federale “). Soncino ebbe fama internazionale per “Ladyhawke “. Domina il mantovano per le riprese sugli ex – voto di Santa Maria delle Grazie di Curtatone in “Novecento “di Bertolucci. Notevoli le ambientazioni per le varie edizioni dei “Promessi Sposi “dal 1941 alle versioni di Nocita (girata però sul lago Maggiore) e della Archibugi. Una curiosità: i film di Bollywood hanno spesso come ambientazione Milano. Per ultimo i cartoni animati. “Cars 2 “si ispira alle Mille Miglia e all’ Autodromo di Monza. Hayao Miyazaki, il più grande cartoonist giapponese, descrive in “Porco rosso “un decollo di un aereo della Grande Guerra dai Navigli e in “Si alza il vento “accenna a Gianni Caproni che osserva i primi velivoli che si alzano dalla Malpensa.

Insomma, il grande  schermo non ha mai dimenticato una sua proiezione simbolica, il quadrangolo  lombardo, famoso nel mondo non troppo meno rispetto a Roma e Venezia.

 

SANTUCCI FOREVER

 

50 anni dell’oscar Mondadori  dedicato a IL VELOCIFERO di Luigi Santucci , un libro che non può mancare nella biblioteca di chi ama la genuina lombardita’...un romanzo ambientato nella Milano di inizio Novecento e caratterizzato da vasti squarci di dialogo in lingua ambrosiana.

Santucci partiva da sacri mostri ottocenteschi come Manzoni Porta Bertolazzi e Fogazzaro per abbordare una materia di timbro identitario,  la Milano piccoloborghese della Bella Epoque. La famiglia Lorini, vasta e chiacchierona nelle sue varie ramificazioni, articolata su vari timbri ideologici, dal garibaldinismo ed ateismo da una parte al confessionalismo devoto ma aperto dall ‘altro, vive stagioni di epica convivialità ‘ sullo sfondo del centro storico prima e della campagna di Chiaravalle dopo.

Il singolare mezzo di trasporto che da’ il nome al libro corrisponde ad una carrozza d’ Antan che giace nella polvere del Cascinone chiaravallese , ove si rifugiano i due giovanissimi protagonisti Renzo e Silvia. Simboleggia la voglia di correre, in qualche modo di percorrere tempi e spazi prima del presagito dramma finale, che portera’ Renzo a morire in guerra e Silvia a chiudersi in convento.

La Maestria di Santucci sta nel rendere con garbo e sottile realismo psicologico un ambiente che trova ancora nella cultura locale lo zenit della sua funzionalita’. Ma il contrasto tra religiosita’ e scetticismo offre anche un respiro universale che rispecchia la inquieta e profonda complessita’ dell animo santucciano  , impegnato a produrre dopo qualche anno un testo così originale come “Non sparate sui narcisi”, una delle opere piu’ intelligenti e profetiche sul Sessantotto e le sue conseguenze,  ambientato tra l'altro proprio presso quei Giardini di porta Venezia che avevano fatto da proscenio alle pagine più belle del Velocifero.

Non manca infine una pennellata sulla convivenza interrazziale attraverso la figura della mulatta Susy,  spregiudicata cugina acquisita dei protagonisti. Santucci insomma puo’ ancora insegnarci qualcosa...

FAVOLA E TRAGEDIA NELLA BIOGRAFIA DI BUTICCHI                     

di  Andrea Rognoni

Marco BUTICCHI lascia da parte stavolta romanzi storici a sfondo mistery e poliziesco per raccontarci in maniera esemplare la vita di suo padre Albino,  petroliere, pilota e presidente di società calcistiche venuto meno dopo un travagliato crepuscolo nel 2003.

CASA DI MARE (Longanesi) racconta la ascesa al successo di un ragazzo intraprendente, nato a Spezia ma di origine marchigiana, pronto a tutto pur di sconfiggere noia e mediocrita’.

La passione per le automobili rappresenta anche la volonta’ di bruciare qualsiasi esperienza con rapidita’ e clamore, dalla vita sentimentale alla scalata nel mondo “degli affari”. Tra le esperienze più esaltanti quella al comando del Milan, quasi prefigurazione più breve e rocambolesca della leadership berlusconiana.

La ludopatia , assieme ad una generosita’ a sfondo masochista portera’ Albino sull ‘orlo del baratro, nei meandri asfitticI del buio generato da un colpo di pistola  causa di cecita’. E Marco passerà in poco tempo dallo status di rampollo d ‘ oro a quello di figlio di un dio minore, che gestisce guai e debiti.

Un appuntamento da non perdere con i segreti della maledizione sottile, comunque epica e inimitabile,  che incombe sul destino di chi diventa protagonista delle nostre terre e dei nostri mari.

DANIELA SANTANCHE’, UNA STORIA PADANA
di Felice Ferraris

Devo ammetterlo, pensare a Daniela Santanchè come scrittrice mi risultava francamente un po’
ostico.
Si tratta infatti di una donna che gioca molto sull’immagine e sulla parola espressa in chiave
provocatoria. La scrittura ha bisogno di tempi di meditazione che la Nostra non sembra vivere
compiutamente, nonostante gli evidenti sintom…di genialità.
Potrà sembrare un’eresia ma “Sono una donna, sono la santa” ( edizioni Mondadori, euro 17,90)
riesce a far discreta breccia nel cuore e nella mente, nonostante a tratti risulti un po’ raffazzonato,
specie nelle pagine dedicate agli anni del successo.
In realtà la prima parte dell’autobiografia rappresenta un piccolo capolavoro di ….padanità. Gli
anni dell’infanzia e dell’adolescenza vengono descritti in termini di efficacia e spontaneità, al punto
di far pensare che la vera Daniela sia rimasta quella di Busca, Cuneo e dintorni.
Il conflitto con il papà, i comportamenti da maschiaccio, le scelte anticonformiste, l’amore per la
propria terra che cova sotto l’ambizione di “spaccare il mondo”, ecco gli spunti che permettono di
non buttare il libro nel cestino.
Daniela Garnero ( un po’ pretestuosa la spiegazione della scelta di continuare a portare il cognome
del primo marito) lotta col mondo intero, a volte anche colla lingua italiana, ma l’impressione è
quella di un cuore tenero, ripeto “nonostante tutto”. Appare un po’ troppo berlusconiana quando
difende il “mondo di plastica” ma la si perdona proprio per l’ammissione di una certa malizia
tipica delle donne -come fa intendere lei in maniera clamorosa- “tutta casa e chiesa” ( ammette tra
l’altro di voler e saper spesso lavorare a maglia per accontentare la persona amata).

TRADIZIONE DEI SANTI IN CHIAVE “BRITISH”                  

 nota  di Biagio Borlini

Appena uscito in libreria il capolavoro agiografico del rimpianto Dino Coltro,

in grado di sintetizzare (si fa per dire) l ‘ universo dei santi in queste 300 pagine

costruite  a mo’ di “Pagine Gialle” ma sorprendentemente votate alla sobrietà del

laico a caccia di verita’ biografiche.

Troppi infatti i libri retoricamente didascalici  che hanno ingolfato chiese e librerie

da quando si e’ creata la necessita’ di erudire il pupo cristiano senza ricorrere

necessariamente al catechismo e alla memorizzazione orale.

“Santi della tradizione” viene pubblicato dalla CIERRE edizioni di Sommacampagna

veronese, una  di quelle piccole patrie della stampa che onorano la rus padana.

Tredici euro e mezzo ottimamente spesi, specie se poniamo l’occhio sulla sezione

conclusiva, dedicata al tema dei patroni e dei protettori. Scaramanzia? Forse…

Ma certi mantra illuministi del duemila al confronto paiono solo formule idiote.

LA NARRATIVA DELLA GIACOBINI

 

 

Da diversi anni  Silvana Giacobini, nota giornalista e volto amato della tivù, si  cimenta con opere di successo in ambito letterario.

Tra le altre   e fra le più recenti, da segnalare “Questo sole ti proteggerà” (ed. Cairo euro 15), ambientata nella Liguria di Levante, in una immaginaria località chiamata Torralba (ma si cita e illustra spesso la reale Chiavari, apprezzata per il centro storico).

In un albergo luxury avvengono alcuni strani omicidi che riconducono all’esistenza di una lobby a metà tra mafia e corruzione immobiliare, con protagonista una scrittrice trentenne  romana costretta a indagare assieme al nuovo maturo  amante, un italo irlandese pronto a tutto pur di far emergere la verità.

Ne esce un quadro di genere particolarmente accattivante, a tratti votato alla mondanità glamour , ma sempre capace di tenere inchiodato a mozzafiato il lettore sulla pagina; interessanti tra l'altro i riferimenti storico artistici di ambiente ligure protomoderno.

La scrittura risulta sciolta e ben guidata, senza concessioni alcuna a facili pruderie. Si sente la scuola giornalistica sempre attenta a scoop  e gusto della notizia inedita.

Amore e morte per la Lagorio

di A.Rognoni

 

Stavolta parliamo di un libro uscito quaranta anni fa ,nella primavera del ’76, almeno nella sua versione definitiva. Ma per certi aspetti estremamente attuale.

Si tratta del capolavoro di Gina Lagorio, Approssimato per difetto  (lo trovate attualmente ne gli  Oscar  Mondadori).  La scrittrice ligure (ma era nata a Bra per poi stabilirsi a Savona) produrrà altri testi significativi, da Tosca dei gatti  a La  Spiaggia del lupo, ma non riuscirà più a raggiungere la lucida analisi contenuta in Approssimato .

Storia di una malattia terminale, sancisce in realtà la sconfitta di una generazione, quella che aveva vissuto l’infanzia e l’adolescenza durante il fascismo, combattendo quest’ultimo con tutte le sue volontà, nonché con sottili armi intellettuali. Sconfitta silenziosa perché dietro l’apparente rivalsa del dopoguerra  e nonostante il boom da essa incubato  abitava sordidamente una incapacità di amare che avrebbe fatta da detonatore durante i cosiddetti “anni di piombo”.

La vedova, alias Gina, realmente privata del marito a causa di un tumore, immagina i pensieri, i ricordi e le segrete contraddizioni che accompagnano gli ultimi giorni della vita dell’uomo. Ne esce un identikit maschile declinato “al femminile”, operazione di acrobazia che solo Gina  ai tempi si poteva permettere.

Eccoci allora di fronte al trionfo del “non detto”, cioè di tutto quello che nel campo dell’amore e dei rapporti di coppia potrà emergere come un bubbone in tempi più recenti. Le pagine  risultano particolarmente affascinanti  perché riescono a scandire  i sussulti di quel territorio in cui ciascuno di noi può finalmente esprimersi senza remore. E tuttavia non occorre scandalo o pruderie per raggiungere ciò che Battiato chiama “centro di gravità permanente”. Le “sfumature di grigio” arriveranno quando il tumore sarà passato ma al suo posto sarà rimasto solo il disgusto del desiderio fine a se stesso. A volte viene il dubbio che quaranta anni sian trascorsi  per niente; forse occorre ritornare indietro, all’umore complesso ma coraggioso di quel passaggio d’epoca , per comprendere veramente il ruolo dell’arte e della letteratura.  

“LA CANZONE A MILANO”,  grossa novità Hoepli

 

Mancava e finalmente è uscita. Stiamo parlando di una storia della canzone milanese degna di questo nome. L’autore, Andrea Pedrinelli,  è un giornalista giovane ma già abbastanza noto, che si è cimentato con uno degli argomenti più difficili della storia dello spettacolo contemporaneo. Perché più difficile? Perché quando si parla di universo ambrosiano c’è sempre il rischio di finire in una sorta di ghetto dorato, quello della lingua cosiddetta dialettale e dei suoi gelosi , pur bravissimi,  custodi. Così il Pedrinelli, lungo un percorso già battezzato da altre opere “local” delle edizioni Hoepli, ha saputo dare al termine “milanese” l’accezione più larga, parlando anche di quei cantanti o cantautori che pur non essendo lombardi son venuti a cantar sotto la Madonnina e hanno contribuito a far grande la stessa Milano.

Dal Barbapedanna a Milly, Da Jannacci a Gaber, dai Gufi a Baglioni, per finire con un Van De Sfrooss che viene ritenuto molto più meneghino di quanto le sue esternazioni “laghee’” abbiano fatto intendere. Naturalmente passando per Mina e Celentano e senza dimenticare le canzoni della Mala, interpretata da una strepitosa Ornella Vanoni. Il tutto introdotto dalla magìa operativa di uno straordinario novantenne, Franco Cerri. Un unico appunto, noi avremmo inserito anche il nome di un affermato  quarantenne molto amato dalle telespettatrici di Telelombardia, Walter di Gemma.

I TESTAMENTI DI VASSALLI  

(TERRE SELVAGGE E IO PARTENOPE)                                                                               di Andrea ROGNONI

 

Verso la fine della sua esistenza, dopo altri lidi scoperti e ulteriori mutamenti di prospettive, Sebastiano Vassalli ha riscritto da una parte il famoso pamphlet sul Sudtirolo e ci ha regalato dall’altra l’ultimo straordinario capolavoro, “Terre selvagge” . Con una sorta di ritorno “ad uterum”, lo scrittore novarese ritrova il filone più profondo e sentito della sua ricerca letteraria , scrivendo una specie di sacrosanto Testamento, il cui sigillo è arrivato nel 2015 con il postumo “Io Partenope”.

Dietro le righe del romanzo-saggio dedicato alla battaglia dei Campi Raudii che vide soccombere i Cimbri di fronte ai Romani più di un centinaio di anni prima di Cristo, si sente la grande attrazione vassalliana per le proprie radici padane, che in tempi non sospetti lo avevano, dalle colonne di noti quotidiani, fatto simpatizzare per l’epopea leghista.

“Terre selvagge” (edizioni Rizzoli), fin dal titolo, sembra inneggiare a quella forza della Tradizione, di origine gallica ( tante le pagine dedicate alla descrizione della mentalità, degli usi e dell’organizzazione di villaggio tipica dei nostri primi insediamenti sparsi di marca celtica, costretti a subire l’invasione di un popolo romano sentito come lontano e straniero), che nel rimarcare la bellezza di un Eden primitivo perduto, il Pedemonte orientale della Gallia Cisalpina, si collega alla filosofia del “pensiero selvaggio” e del “piccolo è bello”, prospettive di illustre ascendenza ( vedi LeviStrauss e Tolkien) che ha affascinato da sempre proprio gli studiosi localisti.

La doppia irruzione, dei Cimbri teutonici da Nord e dei capitolini da sud, sconvolge –sottolinea Vassalli – quel meraviglioso equilibrio tra natura e uomo creato dalla presenza dei galli Insubri e Vertamocori, in grado comunque – e lo dimostra la fortunata scelta nuziale del gallo di Proh Tasgezio colla “scandinava” Sigrun, affascinante giovinetta in grado di comunicare direttamente colle presenze animistiche della natura – di apprezzare più le divinità iperboree che quelle mediterranee. 

A 200 ANNI DAL CONGRESSO PIU FAMOSO DELLA STORIA

 

Il libro di questo mese parla di storia, di grande storia. E’ un testo scritto tanti anni fa ma ora ripubblicato da Castelvecchi, casa editrice sempre attenta alle ricorrenze che contano.

IL CONGRESSO DI VIENNA di Harold Nicolson tratteggia alla grande motivi, fini, personaggi che furono protagonisti assoluti due secoli fa.

Ma, intanto, cosa accadde per l’esattezza all ‘ombra della cattedrale di Santo Stefano?

Le grandi potenze del tempo, ferite dalle zampate di un Napoleone cresciuto all’ombra giacobina della rivoluzione francese  (ma ridotto ormai all’impotenza “insulare”), vollero ricostruire il cosiddetto Ancien Regime. Metternich, austriaco, e Talleyrand, francese, duettarono magnificamente arrivando

a risolvere il tutto in nome del principio di legittimità e del principio di equilibrio (nessuno Stato sarebbe risultato dominante): dovettero tornare i sovrani “detronizzati” in tutta Europa. Con quale diritto, così ragionaron i plenipotenziari, i rivoluzionari voglion sovvertire un ordine sacrosanto in grado comunque di salvaguardare i diritti di tutti? Ne usciron gli orditi geopolitici e spirituali della successiva Santa Alleanza tra Trono e Altare. Per un altro secolo le decisioni del Congresso salvaron l’Europa della Tradizione e delle tradizioni, dando adito alle note critiche dei progressisti, i quali però dimenticano che tra le scelte finali di due secoli fa , in Austria, ci furon anche l’abolizione della schiavitù e la condanna dell’antisemitismo (vi pare poco?) Ma Nicolson non si limita a d analizzare le trame diplomatiche e metapolitiche , ci fa passeggiare nella Vienna di allora, diventata improvvisamente città cosmopolita perché ospitante un sacco di gente importante (non mancaron neppure piccanti trame amorose) proveniente da ogni parte d’Europa. Ci fa comprendere insomma che il congresso non fu vissuto soltanto da tanti attori principali ma anche da migliaia di ex-comparse , sconvolgendo in qualche maniera  la compagine e l’immagine della città capitale della Mitteleuropa. Un bell’esempio insomma di “nouvelle histoire”…

 

                                                                                                                                                                               

 

Il Nord, questo sconosciuto. Lo spirito con cui è stata affrontata la ricerca universitaria che ha portato alla scrittura del libro curato da  Paolo Perulli, NORD,UNA CITTA’ REGIONE GLOBALE, ed. Il Mulino 22 euro, è quella di riuscire finalmente a capire quali sono le dinamiche economiche e territoriali che caratterizzano il territorio padano.

Significativo il titolo dell’introduzione al testo scritta dallo stesso Perulli, ordinario di sociologia all’Università del Piemonte orentale e docente all’Accademia d’Architettura della Svizzera Italiana.

“E se il Nord esistesse davvero? Le ricerche qui raccolte si collocano nell’orizzonte di progettare il Norditalia come global city-region entro un nuovo regionalismo per l’Europa.”...segue

bottom of page